Proprio quando sembrava di star vedendo la luce in fondo al tunnel, la notizia della comparsa di una nuova variante del virus ha destato il panico nell’opinione pubblica.
Non tutti sanno, però, che l’eventualità che un virus muti è tangibile e di fatto anche molto probabile, benché il Sars-CoV-2 si sia mostrato refrattario – fortunatamente – a cambiamenti sostanziali nelle proteine esposte o nel proprio genoma.
Ciò su cui si dovrebbe concentrare l’analisi, piuttosto, dovrebbe essere la valutazione dei parametri con cui la variante, la cosiddetta “inglese” perché scoperta nel sud-est della Gran Bretagna, si presenta. E nello specifico, sarebbe opportuno porre il confronto sul tasso di mortalità che deriva dall’una o dall’altra variante e sulla trasmissione.
Ed è proprio ciò su cui diversi gruppi di scienziati stanno concentrando le proprie forze, per dare una risposta definitiva al timore che aleggia ormai da qualche settimana: la variante inglese del Covid è effettivamente più letale rispetto al ceppo originario?
Covid, dilaga la paura che la variante inglese sia più letale
Non vi è ancora alcuna ufficialità, e lo stesso Primo Ministro Boris Johnson tentenna nel dare ulteriori informazioni per timore di fornire una risposta parziale o non del tutto corretta.
Ma al momento, la sensazione generale proveniente anche dagli studi epidemiologici sta rivelando una maggiore letalità della variante inglese rispetto al ceppo iniziale. Se su 1000 persone la mortalità della forma di Sars-CoV-2 originaria si attesta attorno alle 10 persone, la nuova variante – secondo quanto emerge, seppur da confermare – farebbe aumentare questo numero a 13-14 persone.
In aggiunta, sembra che la variante inglese si diffonda più rapidamente, in una forbice di percentuale compresa tra il 30% e il 70% di velocità di diffusione in più.
Non ci resta che attendere che questi studi vengano passati in rassegna e ne venga confermata la validità. Se così fosse, si dovranno prendere misure adeguate.