Solo due giorni fa, Facebook ha licenziato un ingegnere della sicurezza, accusato di aver violato il profilo di un utente, più precisamente della sua ex fidanzata. Non si tratta nemmeno di un caso isolato.
La NBC è riuscita ad ottenere una dichiarazione dal capo del team degli ingegneri, Alex Stamos. Egli ha dichiarato: “È importante che le informazioni personali siano protette il più possibile. È per questo che effettuiamo rigorosi controlli e poniamo restrizioni tecniche in modo che i dipendenti possano accedere solo ai dati di cui hanno bisogno per svolgere ognuno il proprio lavoro. Chi abusa di questi strumenti viene immediatamente licenziato”.
Alcuni dipendenti Facebook sono soliti spiare i nostri account
Se un utente esterno, non dipendente dell’azienda, cerca di intrufolarsi nell’account di qualcun’altro, molto spesso viene punito. Se ad entrare in un profilo, sono alcuni collaboratori della piattaforma, non sempre l’azione viene punita. Dopo questo fatto, alcuni dipendenti sono usciti allo scoperto, mettendo in cattiva luce le pratiche di gestione della privacy utilizzate dall’azienda.
Motherboard ha dichiarato che questo, non è stato un caso isolato, anzi nel passato sono stati licenziati moltissimi dipendenti per lo stesso identico motivo. Molti report di vecchi impiegati sono da verificare, ricordo infatti che una parte di personale, ha accesso ad informazioni sensibili di oltre 2 miliardi di utenti. Precisamente non possiamo sapere a che tipo di informazioni i dipendenti hanno accesso. Abbiamo solo la testimonianza del Dj Paavo Siljamäki che, durante la visita al campus della compagnia di Los Angeles, si era visto hackerare il profilo senza aver bisogno di email o password.
Solo queste informazioni basterebbero per alzare un altro polverone su Mark Zuckerberg e la sua compagnia. Ma la cosa più grave è che non sarebbero solo i dipendenti ad avere accesso ai nostri dati, bensì anche molti appaltatori. Come le società che fanno manutenzione ai server, a quelle che ricercano i virus e chissà quante altre. Il caso Cambridge Analytica è molto probabile che sia partito proprio da un’apertura non controllata a profili e informazioni all’interno.