In Italia il 50% delle persone non sa se ha “incontrato” l’AIL’intelligenza artificiale (AI) è un termine che sta diventando sempre più comune nella conversazione quotidiana, tuttavia, una recente indagine condotta dall’Istituto di ricerca Eumetra ha rivelato che la comprensione effettiva di cosa sia l’AI è ancora limitata in Italia. Questa indagine, basata su un campione rappresentativo di 2000 cittadini, ha svelato che nonostante oltre il 60% degli italiani pensi di conoscerne bene o abbastanza bene il concetto, quasi la metà non ha mai avuto a che fare con l’AI o si sente incapace di stabilirlo.

Un aspetto interessante evidenziato dalla ricerca è la disparità generazionale nell’approccio all’AI. I giovani, in particolare sotto i 25 anni, sembrano essere più propensi a interessarsi all’argomento, con quasi il 40% di loro convinto di avere una conoscenza approfondita. Al contrario, oltre il 60% degli individui oltre i 65 anni ammette di non sapere molto sull’argomento. Ciò sottolinea la necessità di una maggiore educazione e informazione su questa tecnologia emergente, specialmente tra le generazioni più anziane.

L’indagine sull’impatto dell’AI in Italia

L’indagine ha anche analizzato le fonti di informazione sull’AI, rivelando che la maggioranza delle persone si informa attraverso la televisione (55%) e i social network (53%). Solo il 13% degli intervistati ha sentito parlare di intelligenza artificiale in contesti lavorativi o scolastici. Nonostante questo, sono proprio gli aspetti lavorativi (53%) e le ripercussioni sociali (54%) a suscitare maggior interesse tra il pubblico.

L’accettazione dell’AI varia notevolmente in base all’età e al contesto. Ad esempio, mentre i giovani sono favorevoli alla guida autonoma (40%), si mostrano invece decisamente contrari a una diagnosi medica effettuata da una “macchina intelligente”. Al contrario, la fascia di età più elevata sembra essere più scettica nei confronti della guida autonoma, ma potrebbe accettare un coinvolgimento dell‘AI nella diagnosi medica.

Matteo Lucchi, portavoce di Eumetra, sottolinea l’importanza di distinguere tra l’AI in generale e le sue applicazioni specifiche. Le imprese, secondo Lucchi, dovrebbero concentrarsi su soluzioni concrete che rispondano ai bisogni delle persone. Ad esempio, l’AI potrebbe essere utilizzata per comporre ricette da ingredienti disponibili in frigo (scelta accettata dal 70% degli intervistati) o per cercare documenti in un archivio (scelta del 60% degli intervistati).

Emerge anche una certa cautela nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale per decisioni che incidono sulla nostra identità e sul modo di pensare, come le scelte di voto. Gli intervistati sono divisi su questo aspetto, con il 40% che si mostrerebbe favorevole all’utilizzo dell’AI per comporre una canzone, ma solo il 25% sarebbe disposto a ricevere suggerimenti di voto da parte di un algoritmo.

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