Una rara patologia fa vedere volti demoniaci ma permette anche di studiare meglio il nostro cervello
Una rara patologia fa vedere volti demoniaci ma permette anche di studiare meglio il nostro cervello

Il demonio è il vicino della porta accanto. Ma anche il lattaio, il barista, la cassiera del supermercato.. No, non stiamo parlando di un nuovo film dell’orrore, ma della condizione clinica di una persona reale. Un uomo di 58 anni, statunitense, vive quotidianamente questa realtà distorta a causa di una rara condizione neurologica nota come prosopometamorfopsia, o PMO. Questa bizzarra patologia offre agli scienziati del Dartmouth College un’opportunità senza precedenti per indagare sui meccanismi con cui il cervello elabora le caratteristiche facciali.

 

Volti reali o volti filtrati dalla malattia

Per oltre due anni, l’uomo ha sperimentato volti che si trasformano in caricature grottesche, con occhi e bocche dilatati e lineamenti distorti. Nonostante l’iniziale angoscia, ha gradualmente imparato a convivere con queste visioni senza compromettere la sua capacità di riconoscimento delle persone.

Gli scienziati hanno cercato di identificare le cause di questa condizione, considerando la sua storia clinica che include disturbi bipolari, PTSD, lesioni cerebrali e potenziali intossicazioni. Tuttavia, gli studi hanno rivelato che solo i volti reali, e non le fotografie, venivano distorti, consentendo una mappatura precisa delle alterazioni visive percepite.

Sebbene la prosopometamorfopsia sia stata tradizionalmente associata alla “cecità dei volti”, simile a quella riscontrata in Brad Pitt, ora è considerata una distorsione visiva correlata alla sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie. Questo studio evidenzia l’importanza di distinguere tra condizioni neurologiche simili ma con manifestazioni diverse, evitando diagnosi erronee come la schizofrenia.

Si ipotizza che una piccola lesione cerebrale possa essere alla base del disturbo, un’ipotesi che, se confermata, potrebbe offrire supporto e comprensione a coloro che vivono situazioni simili, spesso misconosciute e mal comprese dalla società. Speriamo che la ricerca possa dare un po’ di pace anche a chi, come questo signore, affronta quotidianamente la sfida delle malattie rare.

 

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