Buco nero

I buchi neri da sempre sono uno dei corpi celesti che più affascinano l’essere umano, queste enormi masse erranti nello spazio infatti costituiscono ancora qualcosa di difficile comprensione per la nostra scienza, che però da anni si impegna a carpirne i segreti attraverso le informazioni che si possono estrapolare da ciò che c’è intorno a queste sfere nere e dal comportamento della materia nelle loro vicinanze.

A rendere così difficile lo studio di un buco nero è proprio la sua immensa forza di gravità, che diventa sempre più forte e incontrastabile man mano che ci avviciniamo all’orizzonte degli eventi, il quale per l’appunto, non va inteso come un limite fisico e raggiungibile, bensì come un limite teorico, un vero e proprio orizzonte che come sulla terra, non si può mai raggiungere fisicamente, ma oltre il quale nessuna informazione che vi penetra può far ritorno, dal momento che tutte le linee di forza verso il quale un determinato oggetto può spingersi puntano verso il buco nero.

 

Cosa accadrebbe ad un astronauta che finisce nel buco nero ?

In molti probabilmente si saranno chiesti cosa accadrebbe, cosa sperimenterebbe o semplicemente cosa vedrebbe un astronauta che viene lasciato vittima dell’attrazione di un buco nero, che vi ricordiamo contenere al suo interno un corpo di densità elevatissima e al centro una singolarità, un punto in grado di curvare e deformare il tempo spazio dilatandolo all’infinito.

Per dare una risposta dobbiamo partire dalle pure basi teoriche e deduttive dal momento che tuttora non è possibile giungere in prossimità di un buco nero e tornare per raccontarlo, facendo delle assunzioni che ovviamente siano libere della fragilità dell’essere umano a confronto di queste mostruose forze della natura.

Fatta questa premessa, verrebbe spontaneo pensare di calare un astronauta verso il buco nero con una corda, in modo poi da poterlo ritirare su una volta attraversato l’orizzonte, ma ciò non è possibile, infatti man mano che ci si avvicinerà all’orizzonte l’accelerazione propria di ogni singolo punto sarà maggiore per quelli più vicini, ciò farebbe lacerare la corda rompendola, per risolvere questo problema allora si potrebbe pensare di calare la corda in caduta libera, in modo da annullare l’accelerazione, ciò effettivamente consentirebbe all’astronauta di arrivare e attraversare l’orizzonte senza però potervi fare ritorno dal momento che una volta tesa, la forza sulla corda tenderebbe a valori infiniti rompendola.

Ma pensiamo ad un’altra possibilità, si potrebbe pensare infatti di dotare l’astronauta di un potente razzo in grado di creare un’accelerazione pari a quella vicino all’orizzonte in modo da mantenerlo in equilibrio, sfortunatamente neanche questo funzionerebbe, per l’effetto relativistico infatti un osservatore esterno noterebbe che lo scarico inizierebbe a rallentare per effetto della dilatazione temporale fino ad arrestarsi del tutto in prossimità dell’orizzonte.

Passiamo ora alla visione del povero astronauta divorato dal buco nero, egli sperimenterà una realtà completamente diversa dall’osservatore esterno che lo guarda, l’astronauta infatti non noterà molte differenze, non vedrà nessun sipario nero chiudersi attorno ad esso, semplicemente continuerà a vedere l’osservatore (che però non vedrà lui) allontanarsi e sotto di lui un disco nero accompagnarlo lungo tutta la caduta a una distanza fissa, dal momento che lo spazio si dilaterà molto rapidamente lungo la dimensione radiale.

Non si sa cosa accadrà infine all’astronauta, la collisione con la singolarità posta alla centro del buco nero richiederebbe tempo infinito a causa dell’estrema dilatazione dello spazio, ciò che risulterebbe oltremodo fatale (tenendo comunque conto della premessa fatta in alto), sarebbero le forze di marea devastanti, l’astronauta infatti, avrebbe alcuni punti più vicini alla singolarità rispetto ad altri, che sperimenterebbero forze di gravità molto più elevate, ciò porterebbe alla spaghettificazione

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