bill gates

La prossima guerra che ci distruggerà non sarà fatta di armi ma di batteri. Spendiamo una fortuna in deterrenza nucleare, e così poco nella prevenzione contro una pandemia, eppure un virus oggi sconosciuto potrebbe uccidere nei prossimi anni milioni di persone e causare una perdita finanziaria di 3.000 miliardi in tutto il mondo“. Sono queste le parole che Bill Gates pronunciò a marzo del 2015 nel corso di un discorso pubblico.

Non è un caso che, per seguire la propria indole filantropica, Gates abbia annunciato l’uscita dal consiglio di amministrazione di Microsoft per dedicare più tempo alle sue attività umanitarie in settori come la sanità, il cambiamento climatico, l’istruzione e lo sviluppo.

 

Bill Gates profeta di Microsoft: 5 anni fa predisse il nuovo Virus

L’uomo, prima di essere miliardario, nel 2015 rifletteva sulla minaccia appena superata del virus Ebola, fortunatamente confinato per la maggior parte in tre Paesi dell’Africa occidentale. “Immaginate ora cosa succederebbe se una delle varianti della aviaria cinese cominciasse ad attraversare gli oceani insieme alle 30.000 persone che ogni giorno transitano dal Paese asiatico verso il resto del mondo”. Bill Gates sostenne all’epoca che l’esperienza dell’Ebola non fosse servita a nulla, visto che i Paesi non hanno mai adottato misure collettive di prevenzione per il futuro.

E pensare che il Coronavirus fu profetizzato in qualche modo anche dalla stessa OMS, quando in una conferenza all’inizio del 2018 si era parlato di Disease X per identificare: “un elemento patologico sconosciuto, un virus di origine animale, capace di nascondersi nella fase di sviluppo iniziale, e di insinuarsi in vaste zone geografiche prima di essere identificato“. Ma ancora nulla si fece per prevenire un’epidemia del genere, come quella che stiamo vivendo.

Per il futuro il Bill Gates del 2015 ci lasciò una ricetta in tre punti:

  1. Investire collettivamente sulla ricerca rinforzando i sistemi sanitari dei paesi più deboli,
  2. Organizzare un esercito di riservisti sanitari da mettere in campo all’insorgere della prossima epidemia.
  3. Ripensare all’utilizzo delle enormi forze militari già dislocate intorno al mondo con soldati in funzione di contenimento intorno ai focolai.
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