Donald Trump ha appena concluso la sua lunga tournée estera che lo ha visto impegnato prima in Medio Oriente con visite in Israele, Palestina e Arabia Saudia, poi in Europa con gli incontri in Vaticano, a Bruxelles e a Taormina per il G7. Il presidente in questo suo primo impegno fuori casa ha confermato in parte l’opinione scettica di molte cancellerie, ma in parte ha fatto cambiare idea a tanti ex prevenuti.

Il Trump dei primi mesi di presidenza è, volente o nolente, una persona di più miti consigli rispetto a quello che ha infiammato la campagna elettorale vinta lo scorso anno ai danni di Hillary Clinton. Niente più accenni al “muro” tutti i giorni, posizioni più aperte sul commercio e sull’integrazione religiosa, posizioni decise sì su immigrazione e clima, ma sempre con apertura all’ascolto.

L’incontro con Papa Francesco in Vaticano, sotto questo punto di vista, ci ha mostrato una persona del tutto diversa rispetto a quella che infiammava le platee con slogan da propaganda populista solo pochi mesi fa.

Secondo molti esperti, un cambiamento netto del comportamento di Trump è attribuibile al fatto che il tycoon non cura più in prima persona la sua comunicazione, come in campagna elettorale. Da quando ha lasciato il suo cellulare Android, un vecchio Galaxy S3, sul suo social preferito, Twitter, non si leggono più post profondamente divisivi ed aggressivi.

Ora, tutte le comunicazioni del presidente provengono da un iPhone, gestito principalmente da uno staff editoriale. Il motivo del cambiamento sarebbe dovuto ad una volontà, espressa probabilmente dallo stesso presidente, di abbassare i toni. Le beghe casalinghe – tra cui il famoso Russiagate – portano Trump a dover gestire meglio forme e metodi di comunicazione. Per questo motivo, niente più Twitter, niente più Android.

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