La digitalizzazione dei servizi sta ormai investendo ogni campo. Dal grande cambiamento apportato grazie alla tessera sanitaria elettronica, sono seguite altre rivoluzioni nell’informatizzazione dei più importanti documenti nel nostro Paese.

Da questa ventata di cambiamento, d’altronde, non poteva risultare esente anche il principale documento di riconoscimento adottato dalla nostra legge, che corrisponde alla Carta di Identità (CI). L’introduzione del suo corrispettivo elettronico, la Carta d’Identità Elettronica (CIE) ha comportato numerosi dibattiti sulle nuove norme che la riguardano e anche non poche polemiche per il grado di informazioni di cui sarà detentore il suo chip.

Carta d’Identità Elettronica: necessaria quanto avversata

Il nuovo formato del documento non ha convinto tutti. Benché si fosse piuttosto unanimi sulla necessità di conferirgli una simile svolta, al tempo stesso molti esperti si sono rivelati preoccupati per la detenzione e l’utilizzo delle informazioni immagazzinate al suo interno.

Certamente la nuova CIE rappresenta una garanzia contro i truffatori e i malfattori, che con il precedente formato potevano più facilmente falsificare documentazioni e portare inconsapevoli utenti ad essere vittime di truffe molto cospicue. I dettagli che ne caratterizzano la texture e l’inconfondibile chip rendono la CIE decisamente più sicura rispetto al passato.

Ma si pone un problema importante, che riguarda la sicurezza degli archivi in cui sono depositati dati così sensibili come la copia delle impronte digitali.

Su questo, si può quantomeno avere garanzia che nessuna parte dei dati sensibili forniti per la produzione della tessera venga detenuta dagli uffici amministrativi preposti alla raccolta e alla successiva distribuzione delle CIE.

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