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I due disastri nucleari di Chernobyl e Fukushima degli scorsi anni hanno decisamente cambiato l’opinione della gente su questo metodo di produzione per l’energia. L’Europa dell’Est vive ancora nella paura che un episodio di questo genere possa ancora accadere. A questo proposito nel 2017 in Russia si sono registrati giorni di panico dopo che il servizio meteorologico ha rilevato dei livelli di radiazione più alta nel normale. In particolare si è parlato di una concentrazione eccessiva di Rutenio-106 nell’aria. Questa nube radioattiva ha poi viaggiato per tutta Europa, giungendo addirittura ai Caraibi.

Come già accaduto per l’incidente in Ucraina del 1986, il governo non ha fornito alcuna informazione per risalire alla fonte. E’ quindi intervenuta un’equipe di scienziati internazionali, che fortunatamente è riuscita a fornire alcune rassicurazioni alla popolazione. Non sarebbe infatti un guasto ad un reattore ad aver causato la perdita, ma unicamente un problema nel reciclaggio del materiale nucleare.

Nube radioattiva: l’origine delle radiazioni sarebbe in Russia

Le misurazioni effettuate attraverso gli spettrometri hanno riportato un valore di Rutenio-106 di 176 millibacquerel. Questo valore è circa 100 volte quello ottenuto se isoliamo questo isotopo dai valori registrati a Fukushima dopo l’incidente. A causa di ciò la nube radioattiva è riuscita, trasportata dai venti, a raggiungere addirittura la Romania.

Nessuna preoccupazione tuttavia per la popolazione. Gli esperti hanno infatti assicurato che la concentrazione non supera la soglia di rischio per l’uomo. C’è comunque da dire che visto i trascorsi la popolazione dell’Est Europa è comunque spaventata. Il governo non ha infatti fornito alcuna informazione, ma nonostante ciò la fonte delle radiazioni è stata identificata.

Queste verrebbero dal terzo impianto più grande del mondo, sito a Majak nella città di Ozërsk. Il gestore dell’impianto Rosacom ha tuttavia smentito qualsiasi problema con il suo stabilimento. Avrebbe tuttavia deviato l’attenzione sul ritorno di un satellite russo, la cui batteria si sarebbe incendiata durante il rientro. Fenomeno che comunque non giustifica questi quantitativi di Rutenio-106.

Permane quindi la volontà di insabbiare l’accaduto, come tradizione dei paesi dell’Est. Le 1300 misurazioni effettuate non lasciano tuttavia spazio ad alcun dubbio.

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