Eni, il colosso italiano dell’energia, sta investendo in una società chiamata Commonwealth Fusion Systems (Cfs), che sta lavorando alla costruzione della prima centrale a fusione nucleare in grado di produrre più energia di quanta ne consuma. L’impianto, chiamato Spark, sarà pronto nel 2025 e dimostrerà la fattibilità della tecnologia a confinamento magnetico. L’obiettivo è inaugurare il primo impianto commerciale, chiamato Arc, entro il 2030, con la possibilità di produrre energia infinita e senza emissioni di gas serra.
L’impianto Cts si trova a circa 40 chilometri a ovest di Boston, in una zona di foreste di aceri e torbiere dove la neve è ancora presente. La tecnologia a confinamento magnetico utilizzata dall’impianto richiede il magnete superconduttore più potente al mondo, che è stato creato proprio da Cfs nel settembre 2021, segnando un importante traguardo tecnologico.
L’impatto geopolitico della fusione nucleare
Secondo l’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi, il progetto Cts simboleggia il futuro dell’energia. Infatti, l’Eni sta investendo in Cfs come partner strategico dal 2018 e possiede poco più del 19% delle azioni. L’investimento di Cfs nell’impianto Spark ammonta a 800 milioni di dollari, che dimostra la grande scommessa che il mondo dell’energia sta facendo sulla tecnologia a fusione nucleare.
L’impatto geopolitico della tecnologia a fusione nucleare potrebbe essere enorme, come afferma Descalzi. Infatti, la produzione di grandi quantità di energia a basso costo e senza emissioni di gas serra potrebbe cambiare radicalmente il modo in cui il mondo produce e utilizza l’energia. Nessuno potrebbe più ricattare l’altro in termini di fornitura di energia, e tutti avrebbero accesso all’energia come all’ossigeno.
Se il progetto Cts dovesse essere coronato dal successo, l’impatto geopolitico della fusione nucleare potrebbe essere paragonabile alla scoperta del petrolio, con una rivoluzione energetica che potrebbe portare a un futuro più sostenibile e meno dipendente dai combustibili fossili. Con l’inaugurazione della prima centrale a fusione nucleare prevista per il 2030, il mondo dell’energia si prepara a una svolta tecnologica che potrebbe cambiare le carte in tavola.