Ciò che provocò il disastro nucleare di Chernobyl ben 35 anni fa genera ancora terrore e allarme. Una paura sicuramente giustificata, soprattutto se pensiamo che la strage accaduta nel 1986 ha portato gravi conseguenze all’ecosistema (e non solo). La nuova ricerca condotta dagli scienziati dell’Università di Stirling ha rivelato infatti tassi di riproduzione dei bombi alterati.
Guidato dalla dott.ssa Katherine Raines della Facoltà di scienze naturali, lo studio svela che i bombi esposti a radiazioni a livelli più elevati di Chernobyl (50-400 µGyh-1) sperimentano un rallentamento della crescita delle colonie. Ma non solo. Perché a tardare troviamo anche il fattore impollinazione, dovuto al minor numero di insetti impollinatori.
Chernobyl: gli esperimenti in laboratorio
Un’ulteriore ricerca pubblicata su Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences, che ha testato i livelli di esposizione alle radiazioni di Chernobyl in laboratorio, ha scovato una verità differente. L’esposizione a una dose di 100 µGyh-1 potrebbe diminuire la riproduzione dei bombi tra il 30 e il 45%. Dosi paragonabili alla zona di esclusione di Chernobyl (50-400 µGy h −1) hanno pertanto alterato la riproduzione dei bombi. Ciononostante non ne hanno influenzato il peso o la longevità.
“La nostra ricerca fornisce la necessaria comprensione sugli effetti delle radiazioni in aree altamente contaminate e questa è la prima ricerca a sostenere la raccomandazione internazionale sugli effetti delle radiazioni sulle api” ha detto la dott.ssa Katherine Raines. E ha proseguito: “I nostri dati suggeriscono che gli insetti subiscono conseguenze negative significative a tassi di dose precedentemente ritenuti sicuri. Pertanto, raccomandiamo revisioni pertinenti al quadro internazionale per la protezione radiologica dell’ambiente”.