La luce ultravioletta a lunghezza d’onda corta, o radiazione UV-C, quella prodotta da lampade a basso costo al Mercurio, ma anche i raggi ultravioletti del sole, hanno un’ottima efficacia nel neutralizzare il coronavirus SARS-COV-2.
Le conferme dei ricercatori dopo avere effettuato degli studi sperimentali
Le conferme arrivano da uno studio sperimentale di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), dell’Università Statale di Milano, dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano (INT) e dell’IRCCS Fondazione Don Gnocchi.
“Abbiamo illuminato con luce UV soluzioni a diverse concentrazioni di virus, dopo una calibrazione molto attenta effettuata con i colleghi di INAF e INT” dice Mara Biasin, Docente di Biologia Applicata dell’Università Statale di Milano “e abbiamo trovato che è sufficiente una dose molto piccola – 3.7 mJ/cm2 , cioè equivalente a quella erogata per qualche secondo da una lampada UV-C posta a qualche centimetro dal bersaglio, per inattivare e inibire la riproduzione del virus di un fattore 1000, indipendentemente dalla sua concentrazione“.
Andrea Bianco, Tecnologo INAF aggiunge: “Con dosi così piccole è possibile attuare un’efficace strategia di disinfezione contro il coronavirus. Questo dato sarà utile a imprenditori e operatori pubblici per sviluppare sistemi e attuare protocolli ad hoc utili a contrastare lo sviluppo della pandemia“.
Il risultato ottenuto è stato molto importante anche al fine di validare uno studio parallelo, per comprendere come gli ultravioletti prodotti dal Sole, al variare delle stagioni possano incidere sulla pandemia, inattivando in ambienti aperti il virus presente in aerosol, contenuto ad esempio nelle piccolissime bollicine prodotte dalle persone quando si parla o, peggio, con tosse e starnuti. In questo caso ad agire non sono i raggi ultravioletti corti UV, bensì i raggi UV-B e UV-A, con lunghezza d’onda tra circa 290 e 400 nanometri, quindi maggiore degli UV-C.