L’intelligenza artificiale pronta ad aiutare la ricerca scientifica? Con il diffondersi dell’intelligenza artificiale siamo in procinto di assistere a una rivoluzione scientifica senza precedenti? Sembra proprio di sì. L’Economist identifica due ambiti cruciali in cui questa svolta potrebbe avvenire: la prima è rappresentata dalle scoperte basate sull’esame della letteratura scientifica esistente, noto come “Literature-based discovery” o Lbd, che sfrutta l’analisi del linguaggio in stile ChatGPT. Questo approccio mira a individuare nuove ipotesi, connessioni o idee che potrebbero essere sfuggite agli esseri umani nel corso delle ricerche tradizionali. I sistemi Lbd sono in grado di individuare i “punti ciechi” in un determinato campo scientifico e persino prevedere le scoperte future e chi le effettuerà.

Il secondo campo di grande interesse è quello degli “scienziati robot”, noti anche come “laboratori a guida autonoma”. Questi sistemi robotici utilizzano l’intelligenza artificiale per formulare nuove ipotesi e successivamente testarle mediante l’esecuzione di centinaia o migliaia di esperimenti, concentrandosi soprattutto in settori come la biologia dei sistemi e la scienza dei materiali. A differenza degli scienziati umani, i robot sono meno vincolati dai risultati passati, meno influenzati da pregiudizi e, soprattutto, più facilmente replicabili. Ciò apre la possibilità di ampliare la ricerca sperimentale, sviluppare teorie inaspettate ed esplorare strade che gli investigatori umani potrebbero non aver preso in considerazione, come suggerisce l’Economist.

La svolta in arrivo con l’intelligenza artificiale?

Nonostante il potenziale rivoluzionario dell’intelligenza artificiale nella scienza, emergono però sfide significative. Il vero ostacolo, secondo il settimanale britannico, è di natura sociologica, poiché l’intelligenza artificiale potrà accelerare la ricerca scientifica solo se gli scienziati umani saranno disposti e in grado di utilizzare questi strumenti avanzati. Molti ricercatori mancano delle competenze e della formazione necessarie, e alcuni nutrono preoccupazioni riguardo alla possibilità di essere sostituiti da sistemi automatizzati. Tuttavia, nonostante questi timori, ci sono segnali positivi, poiché gli strumenti di intelligenza artificiale stanno diventando sempre più accessibili e adottati da specialisti in vari campi.

Il ruolo dei governi e dei finanziatori è cruciale in questo contesto. Sostenere la ricerca sull’integrazione dell’intelligenza artificiale con la robotica di laboratorio e promuovere forme di AI come l’apprendimento automatico basato su modelli, potrebbe essere essenziale per ottimizzare l’uso di queste tecnologie nell’ambito scientifico. L’Economist propone un parallelo storico, richiamando periodi passati in cui l’introduzione di nuovi strumenti scientifici ha catalizzato esplosioni di scoperte e innovazioni che hanno cambiato radicalmente il mondo, come ad esempio è accaduto con telescopi e computer. 

Un esempio recente citato dal Financial Times riguarda la ricerca di Google DeepMind, che ha impiegato l’intelligenza artificiale per prevedere la potenziale nocività di mutazioni nei geni umani. Questo strumento, chiamato AlphaMissense, ha analizzato 71 milioni di mutazioni “missense” nel codice genetico umano, classificandone il 32% come potenzialmente patogene, il 57% come benigno e il rimanente come incerto. Questo è solo un esempio delle molte applicazioni possibili dell’intelligenza artificiale nella ricerca scientifica, indicando che potremmo essere all’inizio di una nuova era di scoperte rivoluzionarie.

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