Coronavirus: l'uso di massa dei tamponi potrebbe favorire la diffusione delle varianti

La lotta al coronavirus prosegue, i Governi di tutto il mondo stanno facendo una vera e propria maratona verso la vaccinazione di massa, in modo da porre la parola fine a questa pandemia una volta per tutte, il Coronavirus però a quanto pare non è da meno, la curva dei contagi infatti non vuole saperne di abbassarsi, mantenendo un valore costante che obbliga a dare al massimo il proprio contributo per uscire da questo incubo.

In questo contesto ovviamente un ruolo di primo piano lo acquista il vaccino e di conseguenza anche un dettaglio collaterale, le varianti del virus, il quale per sua stessa intrinseca natura tende a mutare, creando versioni differenti da quella originale in minima parte ma che gli scienziati temono possano vanificare l’efficacia dei vaccini attualmente prodotti.

Variante giapponese

Recentemente è stata identificata in Giappone una nuova mutazione del coronavirus che è entrata nella lente dei ricercatori, nel dettaglio si tratta della E484K, la quale da sola non costituisce una nuova versione del Sars-CoV-2, in quanto già ritrovata nelle varianti africana a brasiliana, ma che allo stesso conferisce al virus la capacità di eludere meglio il sistema immunitario, essa, come spiega Giuseppe Novelli, genetista del Policlinico Tor Vergata di Roma, riguarda un singolo dominio della proteina spike, uncino molecolare usato dal virus per penetrare nelle cellule.

La mutazione, spiega il genetista, aiuta il virus a scappare dal sistema immunitario, evento che si teme possa verificarsi anche a seguito della vaccinazione e che, insieme alle altre mutazioni già scoperte, possa aumentare il rischio di reinfezione, dal momento che contribuisce anche alla produzione di una meno potente risposta anticorpale dopo la guarigione.

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