Gli approcci terapeutici anti-tumorali classici come la chemioterapia e la radioterapia presentano una serie di limiti quali tossicità sistemica e resistenza terapeutica. In questo scenario l’immunoterapia rappresenta uno dei nuovi approcci terapeutici più promettenti. Per immunoterapia si intende un trattamento che stimola il sistema immunitario del paziente a combattere contro il cancro.

I ricercatori hanno scoperto che i fattori genetici possono determinare fino al 20% dell’efficacia dell’immunoterapia.

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Per lo studio, hanno utilizzato i dati del Cancer Genome Atlas e alla fine hanno analizzato i geni e le risposte immunitarie di 9.000 pazienti con 30 diversi tipi di cancro. In tutto, hanno esaminato 11 milioni di varianti geniche.

Studi precedenti hanno scoperto che coloro che rispondono meglio alle immunoterapie tendono ad avere “tumori infiammati”, tumori infiltrati da cellule immunitarie in grado di combattere virus e cellule cancerose. Pertanto, i ricercatori hanno cercato i marker di tumori infiammati tra i malati di cancro nel loro set di dati.

In tal modo, hanno identificato 22 regioni del genoma o singoli geni che hanno svolto un ruolo importante nella risposta immunitaria. In particolare, hanno identificato un gene, noto come IFIH1, che è già noto per influenzare malattie autoimmuni come il diabete di tipo 1, la psoriasi e il morbo di Crohn.

I ricercatori hanno anche identificato STING1, un gene già noto per svolgere un ruolo nella risposta dei pazienti all’immunoterapia. Il presente studio ha scoperto che una variante del gene rende le persone meno propense a rispondere all’immunoterapia.

 

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