SPensioni-attenti

Per i migliaia di italiani che svolgono attività lavorative in altri Paesi del SEE (Spazio Economico Europeo) la questione relativa alle pensioni è piuttosto delicata. Il sistema contributivo nostrano infatti non riconosce i lavori definiti marginali ai fini pensionistici. Dunque bisogna fare attenzione perché su questo genere di attività lavorative i contributi versati sono poi inutilizzabili relativamente alle pensioni.

Per fare chiarezza, con il concetto di lavoro marginale l’Inps indica tutte quelle attività svolte all’estero contestualmente all’impiego principale in Italia e per le quali l’Istituto non accredita i relativi contributi. Si tratta di una scelta individuale dei singoli Paesi del SEE autorizzata dall’art.14 del Regolamento Europeo 987/2009. Attualmente le attività lavorative marginali ricoprono meno del 5% del normale orario di lavoro e della retribuzione svolta in toto dagli italiani.

Pensioni ed impieghi esteri: attenzione al versamento dei contributi.

La questione sui contributi per le attività marginali svolte all’estero è alquanto spinosa. Esisto Paesi del SEE dove anche brevi periodi di impiego e addirittura la formazione scolastica generano contributi che finiscono nel cassetto previdenziale del cittadino. Ad esempio è quanto accade in Germania, dove anche periodi di impiego brevissimo generano fino ad un intero mese contributivo. Ma su questo la legislazione europea non è univoca e come già detto lascia autonomia al sistema previdenziali degli Stati membri.

In Italia, non solo l’Inps non prevede il riconoscimento contributivo delle attività reputate marginali, ma obbliga il lavoratore che le svolge all’estero di dare comunicazione di impiego. Successivamente sarà compito dell’ente di rilasciare una certificazione A1 con la quale chiarire la propria posizione sovrana verso il Paese comunitario in materia contributiva. Si tratta di un passaggio fondamentale perché può accadere che in assenza di questo certificato lo Stato ospitante accrediti la contribuzione sui propri registri. Contributi che per via della legislazione nostrana non verrebbero però poi riconosciuti nel nostro Paese.

 

 

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