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Nonostante qualcuno potrà pensare che abbia svolto un buon lavoro, per qualche strana ragione Google Maps si è presa la briga di tracciare le posizioni GPS degli utenti per creare una mappa degli spostamenti del Coronavirus. La piattaforma ha raccolto i dati in maniera silente e, dopo averli resi anonimi, li ha messi a disposizione come materiale di studio per Governi, istituzioni sanitarie e, perché no, anche per dei semplici cittadini.

Sebbene già si parla di qualche possibile attrito con le leggi sulla privacy, l‘impatto che questa raccolta dati può generare sull’operato delle istituzioni è decisivo. In primis si riesce a tracciare i movimenti delle persone infette per capire le dinamiche dell’epidemia, e in seconda battuta questo set di dati può servire a redarguire le persone che non si attengono alla quarantena.

 

Google Maps: utenti tracciati con le connessioni Tim, Wind, Tre e Vodafone

Sulla base di quanto raccolto da Google Maps si potrebbero mettere a punto nuove misure di quarantena, stabilendo magari fasce orarie idonee all’apertura dei negozi e contingentando i trasporti pubblici per garantire che un giorno se ne possa uscire. Il report  rilasciato da Google riguarda ben 131 Paesi, e i dati raccontano esattamente il flusso dei movimenti delle persone tra il 16 febbraio e il 29 marzo in vista a negozi, stazioni della metropolitana, parchi e luoghi di lavoro.

Calando i dati di BigG al nostro contesto scopriamo che le visite a negozi e locali di ristorazione sono diminuite del 94% rispetto alle settimane ante Coronavirus, mentre anche le farmacie accusano un -85%. Ma non preoccupatevi se pensate che Google ha violato la vostra privacy: l’ha fatto. Ma BigG assicura che non saranno mostrate informazioni sensibili sui report pubblici, a patto che i Governi non chiedano altri dati.

In questo periodo, si sa, va di moda una sorta di “causa di forza maggiore” oppure per “la salvaguardia della salute pubblica”, ma sta di fatto che Google e i gestori di telefonia possono elaborare e cedere a piacimento ogni nostro dato personale o GPS. Lo chiamano monitoraggio invasivo della privacy per prevenire ulteriori epidemie, per essere utile a tutti.

Chissà dopo la fine dell’emergenza sanitaria cosa succederà alla nostra privacy.

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