L’imposta di bollo sul conto corrente, bancario o postale, è una tassa che i cittadini si vedono addebitare frequentemente e costituisce una di quelle patrimoniali “nascoste” di cui spesso si sa poco. Di fatto è un balzello fisso che si è obbligati a pagare solo per il semplice fatto di essere correntisti a prescindere da quanti e quali operazioni si effettuino sul conto nell’arco di un anno.
L’imposta di bolla inoltre, varia in base al tipo di conto che si detiene. Ad esempio le persone fisiche corrispondono 34,20 euro l’anno, mentre le imprese hanno un addebito pari a 100,00 euro. Una patrimoniale che contribuisce al gettito fiscale pubblico con milioni di euro e che, in vigore dal 1972 ( D.P.R n. 642), non è mai stata abolita nonostante le proteste dei correntisti.
Quando non si paga l’imposta di bollo?
Dal 2012, grazie al Decreto Salva Italia, l’imposta di bollo non è applicata ai conti correnti con una giacenza media inferiore ai 5.000 euro. Sino ad allora la tassa era applicata persino sui conti con saldo “zero”; oggi invece non è più dovuta in casi come questo e se il correntista riuscisse a rimanere sotto la soglia limite potrebbe non corrispondere mai quest’imposta.
Altra ragione che consente la deroga di questa tassa è data dalla situazione reddituale del correntista. Infatti con un Isee inferiore ai 7.500 euro annui si è esenti dall’imposta di bollo, con il solo onere di farsi rilasciare dall’Inps la certificazione che lo dimostra. Sono naturalmente esenti da questa patrimoniale sia i conti correnti delle pubbliche amministrazioni, sia quelli dei Confidi, associazioni senza scopo di lucro costituite da piccole e medie imprese.