Chernobyl torna a fare paura, in questo periodo uno studio condotto dall’Università di Bristol ha stabilito che nemmeno dopo 33 anni le specie animali sono tornate a vivere nella zona, a causa principalmente di radiazioni elettromagnetiche troppo elevate.

I più giovani forse non lo ricorderanno, ma il 26 aprile 1986 è sicuramente una data da ricordare per l’umanità, la centrale nucleare di Chernobyl è letteralmente esplosa a causa di un guasto al sistema di raffreddamento (si sono rotte le tubature che raffreddavano il reattore 4), in conseguenza ad un incremento delle temperatura causato da violazioni nei protocolli di sicurezza. La catastrofe è stata davvero immane, ancora oggi purtroppo ne sentiamo le conseguenze, anche in Italia per anni è stato vietato il consumo di prodotto ortofrutticoli, con radiazioni che hanno causato non pochi problemi (oltre che alla morte di migliaia di abitanti locali).

 

Chernobyl: ecco come risulta 30 anni dopo

30 anni dopo la situazione pare restare pressoché invariata, a Chernobyl ovviamente è impossibile vivere, né circolare senza contatore geiger ed il superamento dei controlli di sicurezza (l’area è recintata e presidiata dalle forze armate). Lo studio condotto da Bristol per mezzo di droni aveva lo scopo di monitorare i 15km quadrati intorno alla centrale nucleare, i risultati hanno dimostrato che ancora oggi vi è una elevatissima concentrazione di radiazioni che ha inibito qualsiasi forma di vita animale (anche le più piccole).

L’area più preoccupante è localizzata nella cosiddetta foresta rossa, chiamata in questo modo per la colorazione assunta dalle piante in seguito all’esplosione, in questo luogo le emissioni sono ancora a livelli invivibili.

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