Noi tutti nella nostra vita abbiamo sentito parlare almeno una volta del disastro nucleare di Chernobyl avvenuto il 26 aprile 1986, esso segnò un punto bollente nella storia dell’energia nucleare, infatti l’esplosione del reattore numero 4, provocò un disastro senza precedenti, causando lo scalzamento del tetto del reattore a causa di pressioni mostruose generatesi all’interno del nucleo del reattore.

Ovviamente l’esplosione portò al rilascio di una quantità spropositata di materiali e polveri radioattive che per mesi hanno minacciato la sicurezza di tutte le nazioni limitrofe, il cosiddetto fallout che però non riguardò solo l’aria, ma anche il suolo, infatti un mix di materiale radioattivo fuso, iniziò a fuoriuscire dal nucleo del reattore scavando nel terreno e facendosi dunque strada nei meandri della centrale.

Questa massa fusa composta da: Uranio, Plutonio, Grafite, vari metalli e cemento, continuò a scendere fino a depositarsi formando quello che venne chiamato “Piede d’elefante“, un corium di materiale ricco di isotopi radioattivi e con una emissione talmente forte da poter uccidere in appena 5 minuti di esposizione.

Gli ultimi dati

Il Piede d’elefante è un deposito che non appena formatosi aveva una radioattività di circa 8 000 Röntgen, ossia 80 gray per ora, con un’emissione di dose letale 50 in appena meno di cinque minuti, da allora però l’intensità ha iniziato a calare rapidamente, infatti il composto ha avviato un processo di riscaldamento causato dal decadimento radioattivo che lo ha fatto scavare nel terreno con forti timori di un possibile inquinamento delle faldi acquifere, fortunatamente però non avvenuto a causa del costante calo delle emissioni.

La radioattività è calata abbastanza da consentire al direttore della sicurezza kazako, Artur Kornayev, di scattare una foto che però uscì sgranata per la presenza, seppur lieve, di radiazioni.

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