Google spia carta di creditoNon è un mistero che Google sappia che cosa acquistiamo online. Ma il fatto di scoprire che l’azienda sia anche in grado di sapere che cosa compriamo in negozio è una cosa del tutto nuova. Come riesce a monitorare tutti i nostri acquisti?

 

Google sempre con noi, anche quando non dovrebbe

Il diritto alla privacy è stato sancito dalle recenti disposizioni in materia di GDPR già a partire dallo scorso mese di maggio. Ma a quanto pare a poco sono valsi gli interventi di tutela per la nostra riservatezza. Google è un compagno indiscreto, fin troppo.

Stando a nuovi riferimenti la compagnia di Mountain View sarebbe in grado di tenere traccia dei nostri acquisti anche in negozio. La nuova campagna “store sales measurement” consente alle aziende che acquistano pubblicità sul network della compagnia di sapere esattamente che cosa si stia comprando. Poco importa se è della frutta o l’ultimo fantasmagorico smartphone Apple. Le nostre spese finiscono per essere di pubblico dominio, e non solo quelle online. Lo ha spiegato Bloomberg in un’inchiesta resa pubblica nelle scorse settimane.

 

Carta di credito come sistema di spionaggio

L’accordo Mastercard – Google ha sancito la concessione dei dati sulle transazioni degli utenti senza troppi complimenti. Grazie a questa partnership BigG è in grado di conoscere tutti i nostri movimenti. Dagli acquisti Amazon agli Imperdibili eBay tutte le nostre compravendite sono state rese note senza richiedere alcun consenso. Potevano farlo? Sinceramente no. Se poi a tutto questo sommiamo anche la fragilità dei sistemi di sicurezza POS siamo a cavallo.

In merito alla questione diffusione dati Google si è coperta le spalle giustificando tale azione con una manovra che ha concesso il salvataggio dei dati in forma anonima. Gli utenti non sono identificabili, ma solo se questi hanno opportunamente modificato le impostazioni di sicurezza scegliendo di non condividere le info personali per scopi pubblicitari.

In merito è intervenuta Christine Bannan dell’Electronic Privacy Information Center, la quale afferma che:

“Le aziende si stanno spingendo troppo oltre. Le persone non si aspettano che ciò che comprano in un negozio fisico possa essere collegato a ciò che fanno online. Le aziende non informano a sufficienza gli utenti e non li informano su come vengono utilizzati i loro dati e che diritti hanno”

D’altronde come dargli torto. La nostra riservatezza va a farsi strabenedire a tutto vantaggio di un sistema che, senza neanche rendercene conto, condiziona i nostri acquisti nei negozi reali.

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