Perception
Poster di Perception

Era il 2014, e a circa un anno di distanza dal soddisfacente lancio di BioShock Infinite, Irrational Games chiudeva i battenti: il team dietro il piccolo franchising di BioShock non esisteva più. Facciamo un piccolo salto in avanti nel tempo: un professore, in quel della Bentley University, saluta i suoi studenti dicendogli “a partire dal momento in cui arriverete alle vostre auto, stasera, penserete a una grande idea”. Tra quelli c’è Bill Gardner, lead Designer, Designer Director e User Experience Specialist della defunta Irrational Games. E nel momento in cui inserirà la chiave nella serratura per far rientro a casa, Bill avrà la sua idea: mesi dopo, gli attribuirà il nome di Perception. Dalle ceneri di Irrational Games e dalla volontà di dire qualcosa di nuovo nel panorama dei videogiochi di genere horror, nasce The Deep End Games i cui componenti principali sono proprio Bill Gardner e sua moglie, Amanda.

I due iniziano l’avventura: l’idea prende forma, e si lavora duramente per darle i toni di un prodotto ben definito, un horror che possa introdurre delle soluzioni di gameplay innovative, senza tralasciare una storia coinvolgente. La coppia parla con esperti di accessibilità per casi di bassa visibilità, si interfaccia con la scuola “Perkins” per i ciechi, nella zona di Boston, e intrattiene numerose conversazioni con persone non vedenti. Per settimane, Bill usa il suo telefono in Modalità di Accessibilità utilizzando VoiceOver, per avere un’idea di come funziona il telefono di Cassie. Di contorno a tutto ciò, per dar vita al progetto sono chiamate a collaborare altre figure del settore che provengono da BioShock, da The Simpsons Game, da Thief e da Dead Space. A fine maggio del 2015, il progetto approda su Kickstarter e a distanza di un mese, raggiunge e supera i 150 mila dollari di finanziamento. Il gioco è ormai realtà.

La protagonista della storia è Cassie Thornton, una donna non vedente che a seguito di ricorrenti e strani incubi, decide di indagare sulla fonte delle sue persecuzioni oniriche. La volontà di capire ciò che le sta accadendo, e alcuni mesi di ricerche sulla casa che la appare in sogno, la conducono dinanzi alla proprietà di Echo Bluff, a Gloucester (Manchester). Cassie ha bisogno di risposte, ma il viaggio che la attende non sarà per nulla facile, dato il suo deficit. Al suo arrivo, si renderà conto di dover fare i conti non solo con sé stessa, ma anche con dei demoni ben più grandi, indagando su una serie di inquietanti vicende e avvenimenti che hanno perseguitato per generazioni gli abitanti della grande casa. Questi ultimi sembrano comunicare con Cassie dalle stesse pareti di Echo Bluff: per risolvere qualsiasi enigma le stia appesantendo l’animo, dovrà prima risolvere i loro. Ma qualcosa all’interno di Echo Bluff dà la caccia a Cassie, la quale presto si accorge che il suo unico modo per vedere è in realtà ciò che chiama la Presenza a lei. Il gioco si scompone in quattro differenti capitoli, ciascuno dei quali incentrato sulle vicende di quattro generazioni di famiglie, legate in qualche modo tra loro da un inquietante avvenimento che ha portato a un tragico epilogo. Per completare ogni quadro dovremo essenzialmente cercare di capire cosa è accaduto nelle quattro differenti epoche, spesso ubbidendo alle richieste degli spiriti tutt’ora straziati dal dolore e dalle forti emozioni, che li hanno portati a una triste fine. Alcune volte sarà estremamente semplice raggiungere l’oggetto della nostra ricerca, altre saremo ostacolati da enigmi, comunque mai effettivamente faticosi se non per qualche corsetta di troppo da una parte all’altra della casa. Ad aiutarci nell’orientamento e nella comprensione dell’obiettivo ci verrà in aiuto una sorta di sesto senso di Cassie: con la sola pressione di un tasto dorsale, sarà possibile individuare l’oggetto da raggiungere, o la porta da oltrepassare.

Avviando il gioco per la prima volta, verrà chiesto al giocatore se far parlare liberamente Cassie, o limitarne gli interventi, in modo tale da godersi un’atmosfera più silenziosa. Nel primo caso, naturalmente, viene lasciato più spazio a manifestazioni emozionali e riflessioni. Iniziata una nuova partita, il primo scenario altro non è che una vecchia memoria di Cassie, che funge più da tutorial che da introduzione utile alla storia stessa. In pochi istanti ci si trova a padroneggiare il meccanismo alla base del gameplay di Perception: percuotendo varie superfici con il bastone personale di Cassie, si generano delle onde sonore che, impattando su pareti, arredi e oggetti, generano nella mente della protagonista un’immagine più meno chiara del luogo in cui si trova. La tecnica prende il nome di Echolocation (Ecolocalizzatione, in italiano), e consente a Cassie di visualizzare qualsiasi ambiente con un meccanismo simile a quello usato dai pipistrelli per orientarsi. Proprio come se avesse un sonar biologico. Nello sviluppo di questo sistema, The Deep End Games ha prestato una cura particolare, arrivando ad interpellare Daniel Kish, famoso ecolocalizzatore e capo del World Access for the Blind. È questo particolare elemento a consentire di sentirsi partecipi della difficoltà di Cassie, ed è questo che porta a un elevato coinvolgimento nello stato della protagonista. La percezione delle forme degli oggetti presenti nell’ambiente circostante ha però una durata limitata: il giocatore è in grado di “illuminare” praticamente quante zone vuole, ma ognuna si “spegnerà” dopo una manciata di secondi.

Scopo del gioco è seguire gli indizi sparsi per la cupa tenuta. Fogli strappati e documenti, ma anche scritte su tele o bacheche, o anche semplici oggetti. Vi sono anche registratori di cassette audio che potremo ascoltare, ma anche e soprattutto voci dei fantasmi legati a Echo Bluff. Tutto ciò che è scritto lo si potrà ascoltare tramite l’applicazione Delphi – Text to speech, mentre tutto ciò che richiede un esame più approfondito sarà risolvibile con l’utilizzo di una seconda applicazione del nostro smartphone, che ci metterà in contatto con un gentile membro di una community: mandandogli una foto dell’elemento da analizzare, e lui guiderà Cassie in tempo reale. Quanto agli oggetti dei vecchi abitanti, le particolari abilità percettive di Cassie consentiranno di carpirne antichi ricordi legati ai proprietari. L’esame di tutti questi indizi sarà molto intuitivo: basterà premere un pulsante, e il resto avverrà automaticamente.
Il giocatore non potrà esplorare la casa in totale libertà: generare un’eccessiva quantità di rumore con l’ecolocalizzazione di Cassie è molto rischioso, poiché potrebbe attirare l’attenzione della Presenza. Si tratta di uno spirito che infesta Echo Bluff, che dà la caccia alla protagonista per tutta la durata della sua avventura. Ogni qual volta il giocatore si troverà ad esagerare con i rumori prodotti, la Presenza si farà viva, preannunciata dalla tonalità rossa che assumerà l’ambiente circostante. L’unica cosa da fare in quel momento sarà correre senza mai voltarsi, e fino a raggiungere uno dei nascondigli che di tanto in tanto si palesano nelle stanze: possono essere armadi, tende, letti, pannelli, strani involucri vischiosi e bauli. Girarsi prima di aver raggiunto il punto di salvezza significherà inevitabilmente essere raggiunti ed afferrati dalla Presenza, dovendo riprendere la sequenza da alcuni minuti prima. Questo elemento introduce una interessante componente stealth nel titolo di The Deep End Games, e un deterrente per chi pensa bene di abusare delle potenzialità dell’udito di Cassie per illuminare a giorno l’ambientazione.

Purtroppo, la possibilità di interazione con gli ambienti convince ben poco. È deludente constatare che, se per errore Cassie andrà a scontrarsi con una sedia o una scopa appoggiata al muro, o batterà il bastone su una tavola imbandita con piatti e calici, questi rimarranno perfettamente immobili, e non creeranno l’improvviso baccano che ci si aspetterebbe, considerando il tipo di sfida in cui il giocatore è proiettato. Anche il sistema di salvataggio non brilla per la sua funzionalità, e si sostanzia nella classica serie di checkpoint disseminati durante il progredire della storia. L’esperienza di gioco ne risente in parte: le task da portare a termine, di cui si compone ogni quadro, sono piuttosto brevi, e a meno che non abbiate appena una manciata di minuti ogni tanto da dedicare al titolo, dovreste riuscire a raggiungere ogni checkpoint senza fatica. Fortunatamente, nel momento in cui la terrificante Presenza catturerà Cassie, il giocatore non dovrà riprendere esattamente e rigorosamente dall’istante successivo al salvataggio automatico, ma conserverà comunque l’ultimo significativo traguardo raggiunto, come ad esempio una password scoperta o un oggetto ottenuto. A livello di opzioni di gioco, si fa sentire anche l’assenza della possibilità di variare il livello di difficoltà.

Il trattamento grafico di Perception è piacevole, e la disabilità di Cassie viene usata come “pretesto” per utilizzare soluzioni stilizzate per la rappresentazione degli interni della magione: forme ben definite ed una totale assenza di colori, se non una costante sfumatura di grigio accompagnata da contorni azzurri. Un’idea senza dubbio da premiare, differente da tutto quello che ogni giocatore è abituato a vedere. L’audio è una componente critica per qualunque gioco horror, e il suo livello di importanza può solo aumentare in riferimento a un titolo come Perception. Per non sbagliare, The Deep End Games si è affidata a una vecchia conoscenza, ovvero l’Audio Director di BioShock Infinite (Premio GDC per il Miglior Audio ed un BAFTA per Miglior Musica Originale), Jim Bonney. Il suono è di importanza vitale poiché il giocatore stesso arriverà a fare enorme affidamento sui segnali sonori, piuttosto che sull’ecolocalizzatore, per captare pericoli di vario tipo, esattamente come se si trovasse in una vecchia casa abbandonata. Scricchiolii, gemiti e tonfi: lo scenario di gioco è senza dubbio un terreno fertile per creare forti scompensi sonori, e Bonney ha fatto un lavoro a regola d’arte. E se l’assordante silenzio di Echo Bluff dovesse infastidirlo, il giocatore ha la possibilità di contare sulla personale playlist di Cassie.

Perception merita di essere punito per un gameplay a tratti eccessivamente elementare e per una lieve sensazione di monotonia che si avverte a lungo andare a causa dell’ambientazione. Il picco di sfida più elevato si raggiunge all’arrivo della Presenza, davanti alla quale si può solo correre e trovare riparo, ma accade sporadicamente, complice forse la piattezza del livello di difficoltà, altro punto a sfavore. Queste problematiche trovano una soluzione alquanto parziale nei trofei: la maggior parte riguardano l’esplorazione di Echo Bluff, e pochissimi il livello di bravura che il giocatore può raggiungere, come il non essere mai catturato dalla Presenza o il completamento del gioco senza mai utilizzare il bastone di Cassie. Giocare al buio, in altre parole. Nonostante i difetti, Perception si fa premiare per l’interessante storia che ha alle spalle, e per il fatto di cogliere molti elementi che contraddistinguono un buon prodotto horror. A iniziare dalla trama, affascinante e intrigante, che trascina il giocatore fino alla fine dell’ultimo atto. Il titolo crea poi un gioco di stimoli ambientali efficace, che fa leva sulla cecità di Cassie: luci tremolanti guadagnate con fatica, improvvisi flash con strane sagome, il tutto unito ad un sonoro che sembra indovinare lo stato d’animo del giocatore e stuzzicarlo. Il mix non fa che aumentare la preoccupazione e la pesantezza nel passaggio da una stanza all’altra. In altre parole, Perception regala dei genuini salti sulla sedia, nonché una lunga iniezione di ansia e angoscia che non trova interruzione, fino alla comparsa su schermo dei titoli di coda.

[Abbiamo giocato a Perception grazie ad un codice redeem inviatoci da The Deep End Games per PlayStation 4. La versione digitale che abbiamo scaricato ha un peso di circa 3,90 GigaByte. Abbiamo completato la questline principale in circa 4 ore e 30 minuti, dedicandoci anche all’esplorazione degli ambienti.]
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