bitcoinIl prezzo dei Bitcoin ormai è salito alle stelle; c’è stata una crescita esponenziale nell’ultimo anno e in particolare negli ultimi sei mesi: a novembre 2017 si è arrivati a oltre 7000 dollari per un solo Bitcoin, contro un prezzo inferiore ai 1000 $ a inizio anno e di circa 1500 $ a maggio.

La domanda che oggi vogliamo farci è questa: i Bitcoin sono una tecnologia sostenibile? L’incredibile ascesa del prezzo dei Bitcoin ha fatto crescere ovunque nel mondo il consumo di energia, dovuta al maggior utilizzo di computer necessari per minare la criptovaluta.

Questo perchè il prezzo dei Bitcoin è direttamente proporzionale al consumo di elettricità utilizzata per minarli: quando il prezzo cresce, i miner aumentano la potenza di calcolo per ottenere nuovi Bitcoin e margini dalle transazioni.

Sapere con esattezza quanta energia utilizza questa tecnologia è pressoché impossibile, ma l’analista Alex de Vries e il suo indice aka Digiconomist, stimano che i miner di Bitcoin consumano oltre 24 terawatt-ora di elettricità all’anno.

Tanto per fare un semplice confronto, questo quantitativo di energia corrisponde all’utilizzo annuo di una nazione intera come la Nigeria, Paese con 186 milioni di abitanti.

Questa media deriva dalla quantità di energia utilizzata per ogni transazione, quantificabile in 215 kilowatt-ora (KWh) secondo la stima di Digiconomist (più del necessario per far funzionare un frigorifero/freezer per un anno intero).

Considerando che il consumo domestico in America è in media di 901 KWh/mese, una transazione di Bitcoin corrisponde quindi al quantitativo di energia necessario per mantenere una casa con tutti i suoi elettrodomestici, per una settimana circa.

Allargando la scala, l’indice considerato mostra che i miner di Bitcoin usano una quantità di elettricità utile a mantenere oltre 2,25 milioni di case americane.

Secondo una stima un po’ più ottimistica, fatta dall’economista Teunis Brosens di Dutch bank ING, il mining globale di Bitcoin consuma un minimo di 77 KWh di energia per ogni transazione, quantità sufficiente per alimentare casa sua in Olanda per ben due settimane dice.

Vale perciò la pena porci qualche domanda a proposito dell’impatto ecologico dei Bitcoin.

Ma il vero problema sono le emissioni di carbonio. De Vries ha fatto delle stime sulla base di alcuni dati ottenuti da una miniera a carbone in Mongolia, la quale è responsabile di 8.000/13.000 kg di CO2 per ogni Bitcoin minato, e 24.000/40.000 kg di CO2/h.

Tenendo presente che un’auto emette in media circa 0,1181 kg di CO2 al km, il risultato è che per ogni ora che la miniera mongola è attiva, è responsabile almeno dell’equivalente di oltre 203.000 km percorsi da una macchina.

Come sale il prezzo dei Bitcoin sale anche il consumo di elettricità, che implica emissioni di carbone.

Per ottenere un sistema di pagamento affidabile ma allo stesso tempo decentrato, Bitcoin impone alcune inefficienze come ad esempio l’elevato consumo di energia.

In un contesto come il nostro dove c’è giustamente sempre più attenzione al cambiamento climatico ma dove si verificano sempre più spesso incendi, uragani e disastri ambientali, vale la pena farsi delle domande.

È veramente necessario che le transazioni bypassino i circuiti delle banche e delle compagnie di credito, che possono operare in maniera più efficiente rispetto al network decentralizzato di Bitcoin?

Considerato quanto questo sia imperfetto, la risposta per il momento è no.

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