brevetto italiano smartphone sottili
brevetto italiano smartphone sottili

Smartphone sempre più sottili grazie ad un brevetto italiano. Magari non più proprio piccoli, ma sicuramente più “slim”. E’ lo smartphone del futuro, quello sviluppato da Zeno Gaburro, professore del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento, e il cui brevetto è stato ora affidato in licenza a Samsung Electronics Company, nella propria sede coreana.

L’ateneo di Trento, insieme a quello di Harvard, ha depositato il brevetto nel 2011 e concesso negli Stati Uniti nel 2014. “Il primo motivo di interesse deriva dallo spessore dei dispositivi, di pochi miliardesimi di metro, che suggerisce immediate linee di applicazione, laddove lo spazio è un bene prezioso e l’imperativo è la massima riduzione dell’ingombro, come ad esempio nelle telecamere per telefoni cellulari“, spiega il depositario del brevetto. “C’è poi la compatibilità con la tecnologia a silicio, quindi si possono immaginare in futuro piccolissimi circuiti, ciascuno associato a una microantenna, in modo da renderla ‘intelligente’ e farle ad esempio focalizzare un tipo di radiazione ed un altro no oppure un colore da una parte e uno dall’altra“.

E’ soprattutto negli ultimi anni che i produttori di smartphone sono impegnati nel tentativo di rivoluzionare il mondo dei device. Facciamoci caso: ogni nuovo dispositivo in uscita è “sempre meno” (ingombrante?) o “sempre più” (performante?) del precedente. Pensiamo all’iPhone che è passato da uno spessore di 9.3mm del melafonino 4 ai 7.6mm del 5, fino a giungere ai 6.9mm dell’ultima versione. Mentre Samsung è passata dagli 8.0mm dell’S3 ai 7.0 dell’S4 e i 6.8 dell’S6.

Ecco, dunque, che la prospettiva di smartphone ancora più sottili, in futuro, si fa sempre più nitida. Tuttavia, che ne sarà della loro capacità di contenere chip, hardware e ampiezza della batteria? Per il momento, lo smartphone brevettato da Gaburro si basa sulla diffusione della luce attraverso microantenne. “Lo spessore dei dispositivi, di pochi miliardesimi di metro rende possibili applicazioni dove lo spazio è prezioso, come nelle telecamere per cellulari“, spiega il professore.

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