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Gli smartphone sono ormai compagni imprescindibili di tutti i giorni. La quotidianità passa anche attraverso i nostri dispositivi, perché definirli telefoni risulta ormai riduttivo. Possono fungere da telecomando, da navigatori, ci consentono di comunicare con gli affetti e con i colleghi, ci permettono di essere sempre reperibili e attivi tramite i social.

D’altra parte, come ogni dispositivo che consenta anche chiamate, emette una certa quantità di radiazioni. Naturalmente, si parla di percentuali che sono comunque entro i limiti individuati dalle regolamentazioni europee e mondiali. Se così non fosse, non potrebbero neppure essere commercializzati – pertanto i produttori hanno tutto l’interesse di mantenersi sotto i valori soglia.

In particolare, la Comunità Europea tollera valori di SAR (Specific Absorption Rate) al di sotto dei 2 W/kg. Ma cos’è il SAR? Esso indica quanta parte delle radiazioni emesse da un dispositivo viene assorbita dall’organismo umano.

Smartphone e radiazioni: perché non abbiamo nulla da temere

Impostare il valore massimo di SAR entro 2 W/kg significa porre un limite piuttosto rigido, ben lontano dalla quantità di radiazioni che potrebbe realmente andare a interferire con la fisiologia dell’organismo.

Eppure, alcuni esperti consigliano di evitare l’esposizione diretta della nostra testa alle radiazioni durante i momenti in cui vi è un picco nelle emissioni, che corrisponde alle chiamate.

Per questo motivo, è estremamente consigliato di effettuare e ricevere chiamate utilizzando piuttosto il vivavoce o gli auricolari. Questo risulta anche un atteggiamento consono alla guida, come è previsto dall’ultima versione del Codice della Strada (di cui abbiamo parlato qui) approvato negli scorsi mesi.

 

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