tinderTinder sta apportando alcune modifiche per impedire agli utenti di matchare con profili fake. L’app di appuntamenti offre agli utenti la possibilità di verificare la propria identità, età e somiglianza alle foto inserite sulla piattaforma come un modo per confermare la propria autenticità.

Questo strumento offre agli utenti dell’app di appuntamenti la possibilità di caricare un video selfie e il passaporto o la patente di guida per confermare la propria identità e la veridicità delle foto aggiunte al proprio profilo, dimostrando alle potenziali corrispondenze di non essere un profilo fake. Coloro che completano questo processo riceveranno un badge con segno di spunta blu sul proprio account, una sorta di verificato.

Durante il lancio del progetto pilota in Australia e Nuova Zelanda lo scorso anno, Tinder ha affermato di aver riscontrato un aumento del 67% nelle corrispondenze per gli account verificati rispetto a quelli che non lo erano. Rory Kozoll in merito dichiara: “Dare agli utenti maggiore sicurezza è una delle cose più importanti che possiamo fare per i nostri utenti. La sicurezza è e rimane per noi una priorità. Negli ultimi anni abbiamo rilasciato oltre 20 funzionalità di sicurezza in-app e collaboriamo con numerosi partner per promuovere appuntamenti sicuri”.

Tinder contro i profili fake, la risposta alle ultime accuse mosse verso le app di incontri

La notizia è arrivata poco dopo una recente polemica che vede Tinder, Hinge e altre app di incontri oggetto di discussione per alcune funzionalità che pare creino dipendenza, incoraggiando gli utenti ad un usocompulsivo” di queste app. Una proposta di azione legale collettiva depositata presso un tribunale federale nel distretto settentrionale della California il giorno di San Valentino afferma che molte di queste app progettano intenzionalmente le piattaforme di incontri con funzionalità simili a quelle dei giochi. L’obiettivo è dare priorità al profitto rispetto alle promesse di aiutare gli utenti a trovare relazioni.

Questa dinamica simile al play-to-play, sostiene la causa, trasforma gli utenti in “tossicodipendenti” che acquistano abbonamenti sempre più costosi per accedere a funzionalità speciali. Le applicazioni in questione, secondo la causa contro le società, “impiegano caratteristiche riconosciute come in grado di manipolare la dopamina” per trasformare gli utenti in “giocatori d’azzardo bloccati nella ricerca di ricompense psicologiche rese volutamente sfuggenti“.

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