Deepfake: arriva l’apposita “macchina della verità” I deepfakes, ovvero immagini video manipolati algoritmicamente per sembrare autentici, rappresentano una minaccia crescente nel panorama digitale contemporaneo. Questi contenuti multimediali, alimentati dall‘intelligenza artificiale, sono diventati così diffusi che i loro effetti si riflettono su molteplici settori. Inoltre, i deepfake suscitando preoccupazioni tra gli esperti riguardo al loro impatto sulle notizie, l’informazione e la comunicazione.

La macchina della verità per i deepfake

Il dibattito su come affrontare questa sfida ha coinvolto figure di spicco come Eric Horvitz, Chief Scientific Officer di Microsoft, e aziende leader nel settore tecnologico, tra cui Adobe. Due anni fa, Horvitz ha intrapreso un percorso per trovare soluzioni a questo problema crescente e potenzialmente dannoso. Parallelamente, anche Adobe ha iniziato a esplorare modalità per affrontare questa minaccia emergente, cercando di fornire agli utenti uno strumento per distinguere la verità dalla falsità.

La consapevolezza che le tecnologie di riconoscimento dell‘intelligenza artificiale e di manipolazione stanno progredendo parallelamente ha portato entrambe le aziende a cambiare prospettiva. Invece di concentrarsi su una corsa senza fine per sviluppare strumenti di individuazione sempre più sofisticati, hanno deciso di invertire l’approccio. L’obiettivo è ora creare una “macchina della verità” per foto e video, fornendo alle persone le informazioni necessarie per stabilire la veridicità di un contenuto.

Questa nuova prospettiva ha portato alla collaborazione tra Microsoft e Adobe per sviluppare una funzione chiamata Content Credentials (Credenziali di Contenuto). Questa innovativa caratteristica è progettata per apparire accanto a ogni foto e video autentici, permettendo agli utenti di accedere a una cronologia dettagliata del contenuto. Le informazioni includono chi ha scattato la foto, quando e dove è stata scattata, nonché eventuali modifiche apportate al file originale.

Bastano le “Credenziali di Contenuto”?

L’uso di Content Credentials potrebbe diventare una pratica diffusa, con già 900 aziende aderenti. Questo strumento fornisce un’ampia panoramica del ciclo di vita di un’immagine o di un video, da quando viene catturato dalla fotocamera fino al momento in cui viene visualizzato su siti web autorevoli come il New York Times e il Wall Street Journal.

Dana Rao, Chief Counsel e Chief Trust Officer di Adobe, ha sottolineato che i truffatori eviteranno di utilizzare questo strumento, cercando invece di eludere la verifica e diffondere informazioni false. Pertanto, la presenza o l’assenza delle Credenziali di Contenuto dovrebbe essere un indicatore di affidabilità per gli utenti.

Tuttavia, sia Horvitz che Rao hanno riconosciuto che le Credenziali di Contenuto non rappresentano una soluzione completa. Saranno necessarie ulteriori misure, come leggi specifiche e programmi educativi, per garantire che il pubblico sia in grado di riconoscere e affrontare tutti i tipi di deepfake. In ultima analisi, la lotta contro le manipolazioni digitali richiede un approccio multifattoriale che includa sia soluzioni tecnologiche avanzate che sforzi di sensibilizzazione e istruzione.

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