pink floyd Alcuni neuroscienziati hanno capito come ricostruire una canzone decodificando i segnali cerebrali di chi l’ascolta. Un team dell’Università della California, a Berkeley, ha riprodotto la canzone dei Pink Floyd “Another Brick in the Wall, Part 1”.

I pazienti interessati da questa recente scoperta si stavano sottoponendo ad un intervento di chirurgia per l’epilessia. Il team di scienziati ha posizionato gli elettrodi sul cervello dei pazienti facendo ascoltare loro la musica scelta. L’analisi dell’attività cerebrale ha permesso ai neuroscienziati di creare il ritmo di alcune canzoni dei Pink Floyd, oltre ad individuare alcuni versi comprensibili.

Gli scienziati hanno precedentemente utilizzato tecniche simili di lettura del cervello nel tentativo di decifrare il discorso dai pensieri. Questa è la prima volta in assoluto che una canzone riconoscibile è stata identificata grazie all’analisi dell’attività cerebrale. “È un risultato incredibile. Una delle cose per me della musica è che ha prosodia e contenuto emotivo. Man mano che l’intero campo delle interfacce cervello-macchina progredisce, questo ti dà un modo per aggiungere musicalità ai futuri impianti cerebrali per le persone che ne hanno bisogno. Potrà essere d’aiuto per chi ha la SLA o qualche altro disturbo neurologico o dello sviluppo invalidante che compromette la produzione vocale“, spiega Robert Knight, neurologo e professore di psicologia.

Ricostruite le canzoni dei Pink Floyd analizzando l’attività cerebrale di alcuni pazienti durante un intervento per l’epilessia

“Ti dà la capacità di decodificare non solo il contenuto linguistico, ma parte del contenuto prosodico del discorso. Penso che sia quello su cui abbiamo davvero iniziato a lavorare’. È uno passo significativo per la tecnologia dell’interfaccia cervello-computer, che mira a connettere gli esseri umani alle macchine per correggere i disturbi neurologici o persino aggiungere nuove abilità.”

Elon Musk afferma che le versioni future dei dispositivi Neuralink consentiranno a chi li indossa di trasmettere la musica direttamente al proprio cervello, oltre a curare la depressione e la dipendenza “riqualificando” alcune parti del cervello. Gli scienziati con quest’ultima ricerca affermano che sarà effettivamente possibile utilizzando tecniche non invasive come elettrodi ultra sensibili attaccati al cuoio capelluto. “Speriamo, per i pazienti, che in futuro potremmo, da soli elettrodi posizionati all’esterno sul cranio, leggere l’attività dalle regioni più profonde del cervello con una buona qualità del segnale”.

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