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Sebbene lo studio di Bankitalia sui costi di gestione dei conti correnti sia risalente al 2017, anno in cui la media era di 80 euro all’anno, in realtà un gruppo di esperti ha pubblicato un articolo sul Corriere della Sera in cui rivelano che la spesa nel 2019 è lievitata ben oltre i 100 euro. Anche la spesa per i conti online, sebbene gestioni quasi a costo zero rispetto ai rapporti fisici in banca, ha subito delle piccole modifiche verso l’alto.

Ad ogni modo non si riesce molto a capire come mai ci siano dei rialzi in una situazione in cui le banche sono in competizione per pubblicizzare conti correnti a costo zero. L’anomalia si spiega nel fatto che alcune associazioni dei consumatori rilevano costi che intervengono dopo la fine del periodo promozionale. 

 

Conti correnti: le banche aumentano i costi con un trucco

Come già visto con le tariffe delle compagnie telefoniche, fidelizzarsi alle banche non comporta affatto che l’istituto abbia un occhio di riguardo per voi. Al contrario, le offerte più allettanti sono rivolte proprio ai potenziali nuovi correntisti solo per farli entrare come clienti. Ai vecchi non rimane che controllare quanto costa il loro rapporto e decidere se cambiare.

Se non sapete come calcolare il costo di gestione dei conti correnti, sulle informative trimestrali c’è il campo Indicatore sintetico di costo il quale offre una panoramica totale di tutti le spese e le commissioni annuali al netto di altri eventi. Tutto dipende da come utilizziamo il conto, ovvero da che tipo di cliente siamo.

Per esempio se facciamo spesso operazioni a sportello forse ignoriamo che tali hanno un costo. La maggior parte delle volte gli aumenti riguardano il bancomat, il libretto degli assegni o la carta di credito, quindi meglio ridurre la vostra presenza fisica e optare per transazioni online.

Attenzione però che le associazioni hanno scoperto che non tutte le modifiche contrattuali sono legittime. Infatti, nel 2016 Banco Popolare e Deutsche Bank applicarono dei costi accessori con la scusa di aver partecipato al “Fondo nazionale di risoluzione” gestito da Bankitalia per aiutare le banche in difficoltà. Oppure, nel 2017 Intesa Sanpaolo ha applicato un rincaro a circa il 30% dei correntisti più fedeli spiegando che la misura era necessaria per far fronte ai tassi d’interesse di mercato. Tassi negativi sulla liquidità dei clienti che è stato scoperto non sono remunerate da Intesa SanPaolo!

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