petrolio La preoccupazione dell’Europa riguardo i costi dell’energia sta crescendo. Non solo la Guerra in Ucraina, le cause sono rintracciabili anche in altre ragioni. Tra queste, il fatto che le risorse fossili sono limitate e molto soggette a ciò che è conosciuto comunemente come il picco di Hubert.

 

 

Petrolio e picco di Hubbert, qual è il legame?

Questa teoria, detta anche del picco del petrolio, fu formulata intorno agli anni Cinquanta/Sessanta dal geologo americano Marion King Hubbert, il quale predisse un picco del petrolio per gli Stati Uniti intorno agli anni 1970 e mondiale al 2000. Non viene definita come la fine del petrolio, ma come la fine del petrolio facile.

“Il petrolio, ed anche il gas, non si esauriscono all’improvviso, ma seguono una curva di produzione a campana, nota a matematici e statistici come gaussiana”.

Di fatto, arriva un giorno in cui viene raggiunto il massimo di produzione, che viene definito di fatto picco. Da quel giorno in poi, la produzione cala sempre di più fino ad arrivare a zero. Ciò vale per un singolo giacimento, poi per una nazione e poi per un pianeta intero.

Questa teoria è stata vittima di molte critiche, in quanto non tiene conto, secondo alcuni analisti, dei miglioramenti tecnologici e degli investimenti. La questione, però, è principalmente energetica.

Per produrre energia serve energia. All’inizio, da un giacimento con un barile di petrolio se ne ottengono più di 100. Oggi questo valore è calato sempre di più, calando di conseguenza anche la convenienza economica ed energetica.

 

 

Petrolio, i Paesi che hanno raggiunto il picco

La previsione di Hubbert è di fatto imprecisa, ma non errata. Negli USA ci fu effettivamente un picco di produzione petrolifera negli anni 1972 e 1973. Tuttavia, negli ultimi anni questa produzione è salita parecchio, fino a far tornare gli USA come produttore mondiale di spicco.

Ciò, però, tramite petroli definiti non convenzionali, come le sabbie bituminose. Per il gas, invece, il fracking, che hanno meno ritorno energetico e sono decisamente più impattanti. Dunque, non si potrà avere una crescita infinita.

Questo famoso picco è stato già raggiunto in alcuni Paesi, tra cui Iran, Egitto, Yemen, Siria, Messico e Venezuela.

“In alcuni di questi paesi, come Iran, Yemen, Egitto e Venezuela, a seguito della crisi economica conseguente il superamento del picco sono scoppiate rivolte colpi di Stato e rivoluzioni”.

Le produzioni in Arabia Saudita, Russia e USA sono ancora solide, ma anche qui giungerà un picco, il quale porterà ad un picco globale con conseguenze molto pesanti sull’economia e geopolitica internazionale.

 

 

Cosa sta succedendo in Europa?

In Europa sono stati analizzati alcuni dati riguardo la produzione di gas. Dalle statistiche, è emerso che l’Italia ha raggiunto un picco nel 1994 con 20 miliardi di m3 prodotti in un anno. Da quel momento, la produzione è calata ma non per problematiche ambientali.

Di fatto, il tutto è stato frutto di esaurimento di molti giacimenti. Nella UK, tra i primi produttori di gas, si è raggiunto il picco nel 2000 e dai quasi 120 Gm3/anno si è scesi a circa 40. A livello Europeo si nota un picco di circa 340 Gm3/anno nel 2004 scesa nel 2021 a 230 Gm3/anno circa.

Questo calo si va quindi a riflettere su una necessità maggiore d’importare, con conseguente aumento dei consumi. In soldoni, c’è sempre meno gas ma c’è un bisogno sempre maggiore di consumarlo. Paesi invece come USA, Russia, Qatar hanno ancora una forte crescita in termini di produzione, sebbene arriveranno anche loro ad un picco prima o poi.

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