Una delle maggiori paure di tutti gli utenti è senza alcun dubbio quella che gli strumenti di acquisizione, nel dettaglio webcam o fotocamere e microfono, continuino a registrare dati anche una volta che a livello software questi ultimi siano stati disattivati, una paura che ha portato tantissimi soggetti a coprire ad esempio la webcam del loro PC con un mezzo fisico per impedire l’acquisizione di immagini non voluta, pratica però molto più ardua se si parla invece del microfono dal momento che spesso non è facile da individuare.

La questione si fa spinosa quando però a rendere reale tale timore sono le applicazioni di videocall usate da tutto il pianeta, ad aprire un’indagine ci ha pensato il Garante della Privacy, il quale ha seguito la scia di uno studio della University of Wisconsin-Madison che afferma che il problema sia più diffuso del previsto.

 

Dal caso al fatto

Tutto ha avuto inizio per caso, quando un ricercatore ed esperto in privacy, Kassem Fawaz, ha notato che il led del proprio microfono è rimasto acceso per qualche minuto anche dopo aver disattivato l’audio in entrata, di qui l’idea di analizzare il comportamento delle più popolari app di videochiamata su iOS, Android, Windows e Mac, queste le sue parole: “Si scopre che nella stragrande maggioranza dei casi, quando si disattiva l’audio, queste app non rinunciano ad accedere al microfono. E questo è un problema. Quando l’audio è disattivato, le persone non si aspettano che queste app raccolgano dati.

Una volta stilate delle ipotesi e stabilito un obbiettivo da raggiungere si è scelto un campione di 223 persone da sottoporre alla prova, si è riscontrato che numerose app, sebbene il microfono risultasse disattivato, o continuavano a raccogliere dati occasionalmente oppure continuavano a raccogliere dati ininterrottamente, dopodiché si è iniziato ad analizzare i dati non elaborati raccolti attraverso algoritmi di machine learning allenati che nell’81,9% dei casi sono riusciti a ricostruire l’attività svolta in background.

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