cambiamenti climatici NASALa NASA ha proposto un nuovo articolo in cui spiega i devastanti effetti dei cambiamenti climatici sulla Terra. Gli incendi recenti sono stati il caso clou che ha aperto la strada ad importanti considerazioni sul terribile futuro che spetta al nostro pianeta. Gli episodi avvenuti in Alaska, Siberia e nella Foresta Amazzonica sono stati analizzati allo scopo di fornire una rappresentazione grafica sul livello di emissione nociva dell’anidride carbonica rilevata dai satelliti. C’è un video e la spiegazione che lascia tutti con il fiato sospeso.

 

NASA sul piede di guerra: di questo passo l’ecosistema verrà distrutto in breve tempo

Doug Morton – capo del laboratorio scienze della biosfera al GSFC della NASA) – ha fatto il punto della situazione sfruttando le componenti tecnologiche dei satelliti. Negli ultimi 20 anni c’è stata una severe inversione del trend che ha concorso ad allarmare gli esperti. Si parla di una correlazione diretta tra incendi e cambiamento climatico.

Il disseccamento di alcun regioni chiave del pianeta ha portato ad un aumento degli incendi. Secondo lo scienziato Jim Randerson alte temperature e bassa umidità rappresentano un connubio pericoloso per gli ecosistemi e la diffusione ad ampio spettro degli incendi. Insieme ad alcuni colleghi ha esaminato l’impatto degli incendi in Alaska nel 2015 scoprendo la causa scatenante in una fitta serie di fulmini responsabili dei roghi.

La causa degli incendi non è dovuta solo agli incendi ma anche al fattore umano che causa parimenti danni all’ambiente ponendosi come prima minaccia per la stabilità dell’ambiente.

Secondo la NASA, inoltre, si considera anche la temperatura notturna sempre più elevata. Ciò concorre ad alimentare gli incendi rendendone difficile lo spegnimento ed il contenimento.

 

Temperature sempre più alte e scienziati preoccupati

Attraverso l’analisi satellitare si sono ottenuti importanti dati sulla temperatura superficiale del mare. Nell’Oceano Pacifico, ad esempio, si tiene conto de El Niño (chiamata anche ENSO o El Niño-Southern Oscillation), ritenuto ora responsabile degli incendi attorno alla zona del continente asiatico ed americano.

C’è anche una buona notizia. Difatti pare che l’urbanizzazione abbia contribuito in parte ad arginare questo fenomeno grazie all’insediamento di numerose strutture umane cui si somma anche l’intervento diretto delle persone nello spegnimento.

Morton, a tal proposito, ha dichiarato:

“nonostante le condizioni climatiche che favoriscono gli incendi, il numero di incendi nelle praterie e negli ecosistemi come la savana stia diminuendo, contribuendo a un declino generale dell’area bruciata a livello globale. Il declino è dovuto a una maggiore presenza umana che crea nuove terre coltivate e strade che servono da interruzioni per il fuoco e motivano la popolazione locale a combattere questi piccoli incendi”.

Non si è fatto attendere il punto di vista di Randerson, il quale ha aggiunto:

“mentre il clima si riscalda, abbiamo una frequenza crescente di eventi estremi. È fondamentale monitorare e comprendere gli incendi estremi utilizzando i dati satellitari in modo da disporre degli strumenti per gestirli con successo in un Mondo sempre più caldo”.

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