Aveva fatto scalpore l’invenzione di qualche tempo fa, RF-Captur, tecnologia che sfruttando il segnale wifi, riusciva a riconoscere una figura umana attraverso le pareti di casa, ed era in grado addirittura di farne vedere i movimenti e di interpretare i comandi gestuali.
Ma cosa succederebbe se potessimo davvero vedere attraverso le cose con il solo ausilio di una semplice fotocamera? L’evoluzione delle fotocamere negli ultimi anni ha avuto una crescita esponenziale. Si è cercato di migliorare sempre di più in termini di qualità, numero di megapixel, velocità di scatto, e di nuove funzioni utili anche per i meno esperti come il riconoscimento facciale, autofocus, HDR, video in slow motion a qualità di immagine sempre più elevata.
Eppure sembra che stia arrivando una vera e propria rivoluzione. Un esempio? La nuovissima Light L16, fotocamera compatta dotata di ben 16 lenti e altrettanti sensori, grazie ai quali sarebbe in grado di restituire, con l’eleborazione di un sofisticato software, immagini di una qualità nettamente superiore anche alle migliori reflex in commercio. Definizione, qualità dei dettagli, profondità di campo e gamma dinamica superano di gran lunga ogni sua rivale.
Incredibile scoperta da parte di alcuni ricercatori
Gli esperti stanno quindi proseguendo sulla via del multi-sensor, tecnologia che prevede l’uso di molti rilevatori puntati sulla stessa scena. Questa tecnologia ha come capostipite il Telescopio di Hubble, ma ha già applicazione commerciali oltre alla Light L16, come la Lytro camera, in grado di raccogliere dati sull’intensità e la direzione della luce sullo stesso sensore, permettendo il refocus anche dopo lo scatto vero e proprio.
Questo tipo di fotocamera mostra chiaramente l’inversione di rotta: se prima la ricerca era del tutto finalizzata all’aumento della qualità dell’immagine aumentando i megapixel, ora si punta a una qualità superiore catturando molti più dati, utilizzando quindi diversi obbiettivi, ed elaborandoli poi attraverso una serie di passaggi computazionali che modellano il modo in cui la luce colpisce gli oggetti ripresi. Scattando una foto quindi si salvano dei dati che a vedersi sono molto lontani dall’immagine immortalata, la quale viene restituita solo dopo complessi calcoli matematici e passaggi di postproduzione. Ed è proprio per questo che un giorno probabilmente non utilizzeremo più fotocamere tradizionali, ma solo rilevatori di luce, strumenti in grado, per esempio, di vedere oltre la nebbia, oltre i muri, oltre persino il corpo umano.
Ulteriori passi avanti verso questa rivoluzioni fotografica sono stati fatti con le fotocamere a singolo pixel, in grado di immortalare le informazioni che arrivano da più fonti di luce, utilizzando però appunto un solo pixel. Esattamente il contrario rispetto al funzionamento delle fotocamere tradizionali. Questo tipo di tecnologia ha molti vantaggi, tra cui quello di scattare foto a lunghezze d’onda oltre lo spettro visibile. Sarebbero quindi in grado di scattare foto attraverso la neve che cade fitta o attraverso un fitto banco di nebbia, ad esempio. Oppure, sfruttando il principio dell’entanglement quantistico, secondo il quale due particelle sono collegate in modo così stretto che qualunque cosa accada alla prima, accade anche alla seconda, sarebbero in grado di catturare immagini da particelle di luce che non sono mai venute in contatto con l’oggetto in questione.