Internet: la violenza sulle donne avviene ogni giorno anche sui social

Sono passati ventuno anni da quando giunse, per la prima volta, la giornata in onore di tutte quelle donne vittime di violenza fisica e psicologica. E purtroppo, nonostante vi siano state manifestazioni e giorni dedicati ad un tema tanto delicato, nel 2020 ci troviamo ancora nel vortice di una triste realtà. Tutto ciò non è servito a nulla, le violenze (non solo sul genere femminile) proseguono e le vittime sono sempre più in crescita. A contribuire scoviamo applicazioni come Telegram che vengono utilizzate per diffondere foto e video privati scaturendo un nuovo tipo di violenza nata da un senso di vendetta. Tale fenomeno prende il nome di «Revenge Porn», o anche «Pornografia Non-Consensuale» (NCP), e va abolito al più presto.

 

Telegram: il reato delle immagini condivise

Esistono ben 89 gruppi e canali italiani attivi nella condivisione di Pornografia Non Consensuale (NCP) su Telegram. Di questi il più seguito raggiunge oltre 997 mila utenti unici iscritti.

In tutto questo il Coronavirus e il conseguente lockdown ne ha purtroppo favorito lo sviluppo. Il materiale diffuso spazia da immagini destinate a rimanere private e riprese consensualmente durante il rapporto sessuale. Ma anche foto rubate da telecamere nascoste o rubate dai dispositivi delle vittime. Purtroppo, non mancano le immagini di stupro riprese durante il corso della violenza sessuale.

I gruppi e le chat di Telegram si auto-alimentano, attraverso gli iscritti che richiedono il caricamento di video e immagini pornografiche con i loro attuali o ex partner affinché vengano «valutati» all’interno della community. Una «gara al miglior fornitore», in cui a rimetterci sono le vittime.

Un altro lato preoccupante e meno conosciuto è la pedopornografia, in cui i minori vengono contattati tramite messaggi privati e convinti in cambio di soldi, o costretti tramite forti pressioni, a diffondere materiale porno che riguarda loro o i loro coetanei.

Incredibile come, per assurdo, venga data la colpa alle vittime e non a coloro che compiono il reato. Ma d’altronde lo sbaglio appartiene a coloro che, anziché contribuire alla fine di tali violenze sottolinea: “È colpa sua, poteva evitare di condividere certe cose”.

VIAhttps://www.open.online/2020/11/25/un-milione-di-utenti-italiani-praticano-quotidianamente-su-telegram-violenza-contro-le-donne-il-report/
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