Fino a qualche anno fa, i droni erano per molti solo gadget da ripresa o giocattoli tecnologici. Oggi, invece, sono diventati protagonisti inquietanti di una guerra che non sembra rallentare. In Ucraina, la Russia ne fa un uso così sistematico e aggressivo da averne fatto un pilastro della propria strategia offensiva. Ma qui non parliamo più di “droni” come li immaginavamo: quelli che partono dalle fabbriche russe — o meglio, da quelle in Tatarstan, ad Alabuga — sono vere e proprie armi volanti, evolute e progettate per colpire senza farsi vedere.
Come la guerra dei droni sta diventando una battaglia tra software e segnali
I modelli in questione sono una rielaborazione degli Shahed iraniani, già noti per essere economici ma devastanti. La Russia li ha adattati, migliorati, resi più furbi. Uno degli upgrade più significativi? Il rivestimento in carbonio. Sì, lo stesso materiale usato in certi bolidi da corsa, qui serve per “assorbire” le onde radar e rendere questi velivoli praticamente invisibili ai sistemi di difesa ucraini. Un colpo basso, se pensiamo che molte delle difese si basano proprio sull’individuazione radar.
Ma la faccenda non finisce qui. Alcuni di questi droni ora hanno una SIM al loro interno. Esatto: come un qualsiasi smartphone, possono connettersi a una rete mobile e inviare dati alla Russia. Anche in zone dove le comunicazioni militari sono compromesse. Il risultato? Non solo attacchi, ma anche raccolta e trasmissione di informazioni in tempo reale. Insomma, occhi volanti che vedono, registrano e riferiscono.
Poi c’è il tema delle testate. Quelle incendiarie possono generare roghi estesi, soprattutto in città. Quelle a frammentazione, invece, colpiscono un’area molto più ampia, seminando schegge ovunque. Un pericolo reale, per i militari come per i civili.
E non è tutto. Kyiv denuncia che il 40% dei droni lanciati da Mosca sarebbero “esche”, usati apposta per attirare e consumare le munizioni delle difese ucraine. Una mossa cinica ma efficace, che apre la strada ai veri attacchi.
C’è anche una novità meno nota ma molto strategica: alcuni droni russi sono collegati via cavo in fibra ottica, anziché via radio. Questo li rende molto più difficili da disturbare elettronicamente. Lo ha raccontato anche un comandante ucraino, Andriy, spiegando che ogni due settimane le frequenze cambiano e i loro droni diventano inservibili, costringendoli a rincorrere aggiornamenti continui.
La Russia, con una produzione industriale massiccia e costi bassi, può permettersi di perderne a centinaia. L’Ucraina no. E qui sta forse la parte più inquietante: non è solo questione di tecnologia, ma di logoramento. I droni, oggi, sono anche questo.