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Al giorno d’oggi noi tutti abbiamo sentito parlare di internet, esso infatti è oramai una delle componenti maggiormente presenti all’interno delle nostre vite e molto spesso quando lo sentiamo nominare ci viene spontaneo accostarlo al nome Google.

Il noto motore di ricerca infatti, il cui dominio fu registrato il 15 settembre 1997, è attualmente il sito più famoso e visitato del mondo, la cui popolarità e legata alla qualità dei risultati offerti e soprattutto al numero di risultati, che sostanzialmente è imparagonabile tutti gli altri motori di ricerca presenti attualmente oggi sul web.

Quando esso venne creato, come afferma anche il CEO di Google Sundar Pichai, non erano presenti molti motori di ricerca, c’erano infatti Yahoo che a quei tempi tempi era un colosso e poi Altavista, Excite ma anche MSN, che però non risultavano molto competitivi nei confronti di Google, dal momento che puntavano ad offrire molto spesso risultati sponsorizzati e quindi inseriti appositamente per far guadagnare di più, a differenza invece del motore di ricerca di Mountain View che adottava una politica diversa, infatti esso puntava a offrire veramente il risultato migliore, cosa che con gli anni ha contribuito a far crescere la sua popolarità fino a renderlo il colosso insuperabile che è oggi.

Qualcosa però è cambiato

A quanto pare però l’enorme popolarità e il grande predominio instaurato sul web da parte di Google nascondono anche un lato oscuro, The Markup infatti ha pubblicato una lunghissima e dettagliatissima inchiesta che spiega come noi tutti in realtà abbiamo un problema con il motore di ricerca americano, infatti stando ai propri dati è emerso che da 15000 voci quando noi cerchiamo qualcosa su Google, circa il 63% della prima pagina offerta in risposta è costituito da siti è sempre made in Google, come YouTube o anche delle directory create da Google stessa o anche delle pagine che Google gestisce in collaborazione con degli autori, ciò ovviamente non risulta altro che essere un tipo di offerta sponsorizzata e non più il risultato migliore, che in questo caso viene a trovarsi nel restante 37% della pagina.

Ovviamente la risposta di Google non ha tardato ad arrivare, la nota azienda ha infatti replicato affermando che tutta l’analisi è falsata dal momento che le ricerche sul web sono cambiate e che le selezioni di pagine Google non sono una strategia di marketing per poter guadagnare di più, bensì un servizio offerto all’utente, il vero problema sarà però dimostrarlo al congresso americano il quale vista la situazione potrebbe anche decidere di separare Google in società più piccole, in modo tale da provare a restituirci il motore di ricerca che alla fine degli anni novanta ci fece innamorare tutti contribuendo fortemente della crescita e l’espansione di internet.

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