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mercoledì, Novembre 12, 2025

Interfacce cerebrali: la nuova corsa tra Altman e Neuralink

Sam Altman sviluppa un’interfaccia cervello-computer non invasiva, sfidando Neuralink di Musk con ultrasuoni per leggere la mente.

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chip

 

A quanto pare, Sam Altman ed Elon Musk non si accontentano più di sfidarsi nel campo dell’intelligenza artificiale. Ora la loro competizione si sta spostando dentro il cervello umano — letteralmente. Secondo quanto riportato da The Verge, Altman starebbe finanziando un nuovo progetto che punta a creare un’interfaccia cervello-computer capace di connettere mente e macchina senza bisogno di bisturi o impianti. Un’idea che, detta così, sembra uscita da un film di fantascienza… e invece è già realtà in costruzione.

 

Altman sfida Musk con un’interfaccia cervello-computer senza impianti

Il progetto nasce all’interno di Merge Labs, una startup fondata dallo stesso Altman insieme ad Alex Blania, già noto per il discusso Worldcoin. A guidare lo sviluppo c’è Mikhail Shapiro, docente al Caltech e ingegnere biomolecolare che da anni lavora su un tema affascinante: usare onde sonore e campi magnetici per “parlare” con i neuroni. L’obiettivo è ambizioso ma chiarissimo — decifrare i segnali del cervello e trasmetterli a un computer, senza toccare neanche un capello del paziente.

Il cuore dell’idea è semplice e rivoluzionario al tempo stesso: invece di aprire il cranio per inserire chip e microelettrodi, come fa Neuralink, si utilizzerebbero onde ultrasoniche per leggere e modulare l’attività neuronale dall’esterno. In teoria, basterebbe un dispositivo da indossare — una fascia, un casco, forse un cerchietto futuristico — per permettere alla mente di interagire con un sistema digitale. Se tutto questo dovesse funzionare davvero, sarebbe una svolta epocale rispetto all’approccio di Musk.

Neuralink, infatti, ha mostrato risultati notevoli, ma anche i limiti di una tecnologia che richiede un intervento chirurgico invasivo. Il primo impianto umano, avvenuto nel 2024, ha acceso molte speranze ma anche parecchie perplessità: rischi di infezioni, problemi di affidabilità del segnale e, ovviamente, le questioni etiche che emergono quando si installa un chip nel cervello di una persona.

Altman, invece, sembra voler giocare la carta della non invasività. Un approccio più “gentile” e democratico, almeno in teoria, che potrebbe rendere la connessione mente-macchina accessibile a molti di più. È affascinante pensare che, a dieci anni dalla fondazione di OpenAI, i due uomini che un tempo sognavano insieme un’AI per il bene dell’umanità stiano ora correndo, su strade diverse, verso lo stesso traguardo: fondere il pensiero umano con la tecnologia. Non è chiaro chi arriverà primo, ma una cosa è certa — il futuro del cervello è appena cominciato a scriversi.

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