Un recente report realizzato da Enders Analysis, rinomato centro di ricerca britannico nel settore dei media e delle telecomunicazioni, ha messo in evidenzia la maggiore diffusione della pirateria. Il documento non si limita a fotografare il problema, ma evidenzia un quadro di corresponsabilità che coinvolge diverse aziende tech. Quest’ultime sono state accusate di aver dimostrato un eccessivo disinteresse nell’arginare la deriva illegale. A tal proposito, è emerso un fenomeno che da tempo agita il settore dell’intrattenimento sportivo. Si tratta dell’utilizzo massiccio delle Amazon Fire TV Stick come strumento privilegiato per accedere a flussi pirata di eventi sportivi (e film). Secondo lo studio, la pirateria nel comparto sportivo è esplosa negli ultimi anni, complice il rincaro continuo degli abbonamenti ufficiali.
Streaming illegale: le aziende sono responsabili?
Tra gli utenti britannici che ricorrono a soluzioni illegali, ben il 59% lo fa proprio tramite una Fire Stick. Il motivo è duplice: da un lato il dispositivo, basato su Android, permette l’installazione quasi triviale di file APK contenenti app pirata; dall’altro, il marchio Amazon infonde una sensazione di affidabilità che rende più “accettabile” l’acquisto persino di dispositivi manomessi.
Sul fronte della sicurezza informatica, i ricercatori mettono in guardia: tali apparecchi modificati possono contenere malware capaci di propagarsi nella rete domestica. Con rischi ben più gravi della violazione del copyright. Per rispondere alle critiche, Amazon ha dichiarato di agire su più livelli: disabiliterà l’ADB in rete locale per ridurre le installazioni abusive. Inoltre, mostrerà banner di sensibilizzazione agli utenti e, soprattutto, migrerà l’ecosistema da Android a Vega OS, un sistema operativo Linux-based proprietario che impedirà l’installazione diretta di APK.
Ma perché il dito viene puntato anche contro altre aziende? Il report evidenzia che Meta non ha rimosso in modo efficace su Facebook annunci e post che pubblicizzano dispositivi pirata. Lasciando circolare guide e link di acquisto. Google e Microsoft sono, invece, chiamate in causa per l’abbandono dei loro sistemi DRM. Widevine e PlayReady non ricevono aggiornamenti significativi da tempo, diventando così terreno fertile per gli hacker. La mancata evoluzione di tali tecnologie rafforza la percezione che il contrasto alla pirateria non sia, per ora, una priorità strategica di tali aziende.