È arrivata la sentenza definitiva riguardo un ex dipendente Disney. Quest’ultimo era coinvolto in un caso di sabotaggio informatico ai danni del sistema dei menu e dell’inventario dei parchi del colosso. A tal proposito, un tribunale federale ha condannato l’uomo a tre anni di carcere per le sue azioni. Ritenute non solo illecite, ma anche potenzialmente pericolose. Michael Scheuer, il dipendente coinvolto, oltre alla detenzione, dovrà pagare una sanzione amministrativa pari a circa 645.000 euro.
L’ex dipendente Disney ottiene la sua condanna
Scheuer aveva già ammesso le proprie responsabilità nel gennaio scorso. Secondo quanto emerso durante il processo, l’uomo aveva utilizzato indebitamente le credenziali d’accesso ottenute nel suo precedente impiego. Ciò per intervenire direttamente sul sistema digitale utilizzato e creare e modificare i menu dei ristoranti presenti nei parchi a tema. Dopo essere stato licenziato nel giugno dell’anno precedente, ha avuto accesso ai sistemi utilizzando account condivisi con il suo ex team. Riuscendo a manipolare informazioni fondamentali.
Uno degli aspetti più gravi del suo intervento ha riguardato le modifiche alle informazioni sugli allergeni alimentari presenti nei piatti. Secondo gli atti del tribunale, Scheuer avrebbe intenzionalmente inserito indicazioni ingannevoli. Quest’ultime facevano riferimento agli ingredienti delle pietanze.
E non è tutto. L’ex dipendente ha anche modificato l’aspetto dei menu. Ciò cambiando i caratteri in simboli incomprensibili. Ed anche sostituendo i nomi originali delle pietanze con diciture ironiche o fuorvianti. Oltre ai sabotaggi, Scheuer è stato anche accusato di aver eseguito diversi attacchi informatici di tipo denial-of-service. Quest’ultimi erano indirizzati a 14 ex colleghi presso l’azienda Disney. In particolare coloro che avevano avuto un ruolo nel suo licenziamento. Tali attacchi bloccavano l’accesso ai loro account attraverso un numero massiccio di tentativi di accesso falliti.
Il legale di Scheuer ha tentato di giustificare le sue azioni sostenendo che il gesto fosse un grido d’aiuto. Il suo cliente si sentiva vittima di un’ingiustizia. L’uomo aveva perso il lavoro dopo un attacco di panico e successive richieste di supporto psicologico rimaste inascoltate. I pubblici ministeri hanno riconosciuto che la condizione psicologica dell’uomo ha avuto un peso nel suo comportamento. Ma ciò non ha impedito la formulazione di una condanna severa per evitare rischi futuri.