Nel Regno Unito, Valve è stata citata in giudizio per 843milioni di dollari, circa 780milioni di euro. L’accusa è di aver sfruttato la propria posizione di dominio nel mercato per impedire ad altre piattaforme concorrenti di offrire soluzioni di acquisto più economiche. Tutto ciò non ha fatto altro che creare situazioni a scapito dei consumatori.
Secondo quanto riportato sembra che Valve costringesse sviluppatori ed editori a sottoscrivere accordi di parità di prezzo. In questo modo Steam avrebbe prezzi più bassi, mentre per le altre piattaforme concorrenti è preclusa la possibilità di vendere giochi a cifre inferiori.
Nuove accuse contro Valve
Vicki Shotbolt, attivista per i diritti digitali che ha intentato la causa, ha dichiarato che la situazione ha permesso all’azienda di applicare commissioni elevate (fino al 30%) che hanno portato i consumatori britannici a pagare cifre eccessive per giochi e contenuti in-game, per almeno 6anni.
Considerando quanto detto, Valve sta manipolando il mercato e si sta approfittando dei consumatori. Secondo l’avvocato Natasha Pearman il diritto alla concorrenza serve ad impedire che situazioni di questo tipo accadano. Quando i consumatori vengono danneggiati è importante che agiscano azioni collettive come quella contro Valve. In questo modo sarà possibile dare voce a coloro che si ritrovano in difficoltà. La causa in corso si propone di terminare le presunte pratiche anticoncorrenziali dell’azienda e allo stesso tempo aiutare i clienti coinvolti a recuperare quanto speso. Bisognerà aspettare per comprendere come evolverà la situazione.
Quanto accaduto con Valve presenta alcune similitudini con quanto accaduto con Sony per i prezzi del PlayStation Store. In questo caso, la denuncia è stata presentata al Competition Appeal Tribunal di Londra ed accusava l’azienda di applicare commissioni pari al 30% su tutte le vendite. In questo modo i prezzi risultavano elevati a danno soprattutto di consumatori che si affidavano allo Store di PlayStation per acquistare i propri giochi.