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Dopo i due incidenti di Chernobyl e Fukushima il mondo vive spesso il terrore di un nuovo disastro nucleare. A settembre 2017 infatti l’Europa ha vissuto l’incubo di un nuovo, dopo che il servizio meteorologico russo ha rilevato una nube radioattiva. Questo rilascio di Rutenio-106 si è registrato in diverse parti del continente, ma con percentuali inferiori ai due terribili incidenti che tutti noi ricordiamo.

Questo atomo è un isotopo del Rutenio ed è stato registrato in prima istanza dalle due stazioni poste a sud dei monti Urali. Inizialmente, un po’ come successo per Chernobyl nessuno ha dichiarato di sapere nulla. Non era quindi noto se si trattasse di un incidente presso uno dei reattori che operano sul territorio russo. Per giungere alla verità si è quindi condotto uno studio internazionale, dove oltre 70 menti hanno indagato sulle possibile cause.

La scoperta effettuata escluderebbe un incidente ad un reattore, confermando però qualche problema presso un impianto di riciclo nucleare. I risultati della ricerca sono stati successivamente pubblicati su Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas).

Nube radioattiva: tanta paura in Europa ma i rischi sono bassi

Durante le misurazioni delle radiazioni dovute al Rutenio-106 si sono registrati un massimo di 176 millibacquerel per metro cubo. Questo valore è circa 100 volte superiore a quello rilevato dopo l’incidente di Fukushima. Questo però solo se si tiene conto dell’isotopo in questione e non di tutti gli altri agenti rilasciati in quella sede.

La percentuale più alta è stata rinvenuta in Romania ma gli esperti hanno rassicurato tutti che non ci sarà alcun rischio per l’ambiente e per le persone. La concentrazione è infatti inferiore a quanto definito pericolo per le forme di vita.

Nonostante nessuno abbia dichiarato nulla, attraverso lo studio della propagazione si è ristretto il cerchio sulla possibile origine. Sono infatti state registrate anomale radiazioni fino ai Caraibi, cosa che ha notevolmente ristretto il campo alla città di Ozërsk e al suo impianto di produzione di Majak.

Questo sarebbe il terzo più grande al mondo, dopo i due che hanno dato vita ai disastri negli scorsi anni. La società responsabile dell’impianto Rosacom ha comunque smentito qualsiasi ipotesi di incidente, attribuendo invece la colpa alla combustione della batteria di un satellite durante il rientro in atmosfera. Le 1300 misurazioni effettuate non confermerebbero queste dichiarazioni, in quanto il rilascio di Rutenio-106 non sarebbe possibile in queste condizioni.

Si tratta quindi dell’ennesimo caso in cui il governo russo cerca di insabbiare un avvenimento potenzialmente nocivo per l’umanità. Non esiste ancora la certezza di quanto sia accaduto, anche se un equipe di esperti del settore tra cui Georg Steinhauser avrebbe piuttosto chiara la situazione.

FONTEwired
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