A Bruxelles l’Unione Europea ha dovuto fare un passo indietro, rimandando ancora una volta le decisioni sui suoi obiettivi di riduzione delle emissioni. La riunione dei ministri dell’Ambiente, prevista per stabilire i target prima del vertice ONU sul clima, si è trasformata in una lunga trattativa che non ha portato a un accordo: Italia, Francia, Germania e altri paesi hanno chiesto più tempo per discutere numeri e strategie, rinviando tutto al Consiglio Europeo di ottobre. La scadenza del 30 settembre per presentare i contributi nazionali all’ONU per il 2035 non sarà rispettata, mettendo a rischio la capacità dell’UE di mostrare leadership sul piano internazionale e lasciando aperto il dubbio su quanto potrà contare in vista della Cop30 in Brasile.
UE in stallo sul clima: rinviati i target 2035, leadership a rischio
Al centro delle discussioni c’erano questioni che mescolano ambizione climatica e realismo economico. L’UE aveva proposto un taglio delle emissioni del 90% entro il 2040, mentre i contributi nazionali per il 2035 sarebbero stati la prova tangibile dell’impegno europeo. Ma molti Stati hanno sostenuto che decisioni così importanti, con implicazioni economiche e industriali profonde, non possono essere prese senza il coinvolgimento diretto dei Capi di Stato e di Governo. Alla fine, i ministri hanno trovato un’intesa di massima, non vincolante, che propone per il 2035 un taglio delle emissioni tra il 66 e il 72,5%, lasciando aperta la definizione del percorso verso la neutralità climatica fissata per il 2050.
Il rinvio evidenzia la complessità della politica climatica europea. Gli obiettivi più ambiziosi rischiano di diventare irrealizzabili senza strumenti finanziari e tecnologici adeguati, mentre ogni paese deve bilanciare la pressione internazionale con le proprie esigenze economiche. La sfida è riuscire a trasformare impegni internazionali in azioni concrete e condivise, evitando di mettere in difficoltà le imprese o creare tensioni tra Stati membri.
Ora l’attenzione si sposta a ottobre, quando i leader dovranno trovare un terreno comune e definire strategie capaci di coniugare ambizione e fattibilità. Fino ad allora, l’Europa resta sospesa, consapevole che ogni ritardo può minare la propria credibilità sul piano internazionale e rendere più complesso il cammino verso una riduzione delle emissioni significativa e sostenibile.