Come se la situazione globale non fosse già abbastanza agitata per il settore auto, ecco arrivare un’altra bella gatta da pelare. Dopo i dazi voluti da Trump che hanno già messo in subbuglio i mercati, ora ci si mette anche la Cina, con una mossa che sta creando problemi ben oltre i confini americani. Si parla di terre rare – quei materiali fondamentali per costruire un’infinità di tecnologie, dalle batterie alle auto elettriche – che Pechino ha deciso di tenersi sempre più stretti. Il risultato? Catene di produzione interrotte, ritardi, e preoccupazioni a catena.
Come la geopolitica sta riscrivendo le regole dell’industria tech e auto
Un esempio concreto? Suzuki. Il colosso giapponese ha dovuto sospendere la produzione della sua Swift in Giappone, ufficialmente per carenza di componenti. Ma secondo Reuters, il vero nodo starebbe proprio nella difficoltà di reperire materiali dovuta alla stretta cinese sulle esportazioni. E Suzuki non è la sola: anche diversi impianti europei hanno dovuto rallentare o fermarsi, e persino Mercedes sta cercando di correre ai ripari. Per ora se la cava, grazie a una strategia d’acquisto a lungo termine che mitiga il rischio di forniture ballerine, ma la preoccupazione è nell’aria. BMW, dal canto suo, ha ammesso che parte della sua rete di fornitori è già stata colpita.
La situazione è tesa e ancora fluida. Suzuki, nel frattempo, ha fatto sapere che la produzione alla fabbrica di Sagara dovrebbe riprendere dal 13 giugno, con un ritorno alla normalità previsto dopo il 16. Segno che qualche spiraglio si sta aprendo, ma la lezione è chiara: la dipendenza da materiali strategici non è più un tema da analisti, ma un problema concreto per chi deve mettere le mani sui componenti ogni giorno.
In poche parole? Mentre il mondo guarda al futuro elettrico, le materie prime rischiano di diventare l’anello debole dell’intera catena che abbiamo cercato con tanta fatica di costruire.