C’era chi parlava di rivoluzione, di sviluppo software senza codice, accessibile a tutti. Una promessa ipnotica in tempi in cui l’AI sembrava poter fare tutto. Il protagonista? Sachin Dev Duggal, soprannominato l’Elon Musk indiano. A 17 anni già costruiva sistemi per Deutsche Bank, a 21 lanciava una startup da 100 milioni. Con Builder.ai diceva di aver trovato la formula magica per creare app. L’idea? Un assistente virtuale chiamato “Natasha”, moduli preconfezionati, un sistema intelligente. Tutto alimentato da una fantomatica intelligenza artificiale. La stampa ci credeva e gli investitori ancora di più. Microsoft, Amazon, SoftBank, persino il fondo sovrano del Qatar. Nel 2023 piovono 250 milioni di dollari e Microsoft integra persino Builder.ai nei propri servizi cloud. Sembrava un trionfo spettacolare, peccato che sin da subito qualcosa non tornava.
Niente AI, solo bug
Già nel 2019 qualcosa non tornava. Il Wall Street Journal parlava chiaro: nessuna IA vera, solo sviluppatori indiani sottopagati. Niente machine learning o generazione automatica di codice. Solo un’interfaccia con logiche vecchie. Gli ex dipendenti raccontavano di moduli inesistenti, codice immutabile, progetti mai finiti. I clienti? Spesso lasciati a metà strada. Intanto Duggal continuava a vendere visioni e raccontava di crescite miracolose con cifre gonfiate del 300% e proiezioni scollegate dalla realtà. Gli investitori cominciavano a sospettare, ma era tardi. A febbraio 2025 Duggal lascia la guida e viene sostituito, ma resta nel consiglio con il titolo di “Chief Wizard”. Un ruolo che suona più da illusionista che da manager.
La situazione precipita però in poche settimane. Restano solo 5 milioni in cassa e arrivano 220 licenziamenti. Uno dei principali investitori sequestra 37 milioni. Microsoft e Amazon si ritrovano con crediti mai saldati. Il 20 maggio 2025, Builder.ai presenta istanza di fallimento. Il sito viene oscurato, i progetti sospesi. Chi si era affidato a Builder.ai per lanciare la propria impresa digitale è rimasto con nulla in mano. Alcuni saranno costretti a ricominciare da zero. La parola “AI”, per mesi simbolo di progresso, si trasforma in boomerang. Eppure, qualcosa resta. Il settore low-code/no-code continua a crescere e Gartner stima che entro il 2028 il 60% delle app sarà creato da AI.