Con la nuova riforma del Codice della Strada, voluta dal ministro Matteo Salvini, torna la paura per chi guida e segue cure farmacologiche con effetti psicotropi. L’articolo 187 è stato modificato per colpire duramente la guida sotto l’influenza di sostanze stupefacenti, ma qualcosa non torna. Non tutti i “positivi” sono drogati. Alcuni assumono farmaci salvavita prescritti regolarmente, ma, in caso di controllo, rischiano sanzioni come chi guida dopo aver fatto uso di cocaina. Non è un paradosso? Medici, pazienti e associazioni lo segnalano da mesi. Chi tutela chi è costretto a curarsi ogni giorno? Un controllo su strada può cambiare tutto. Un metabolita trovato nel sangue può significare sospensione della patente, senza che nessuno chieda se si tratti di terapia regolare e se il farmaco sia prescritto.
Verso un equilibrio tra salute e legge per chi guida?
Dopo mesi di pressioni, il ministero ha fatto un passo. Salvini ha promosso l’attivazione di un tavolo tecnico presso il MIT. La promessa è quella di ascoltare le voci di medici e pazienti riguardo la questione guida. Al centro della discussione ci sarà proprio l’uso di farmaci psicotropi e la loro incidenza nei controlli. Non è semplice distinguere chi cura una patologia da chi consuma stupefacenti, tuttavia è proprio questa la differenza che può decidere un futuro. Il tavolo dovrà affrontare dunque affrontare sia il tema dal punto di vista giuridico che mano. La sicurezza stradale è un valore, ma può diventare un incubo per chi prende antidepressivi, ansiolitici o farmaci antiepilettici. La legge deve trovare spazio per chi non può interrompere la cura. La strada per una soluzione appare lunga, ma qualcosa si muove.
Il nuovo impianto normativo punta perlopiù a colpire chi guida in stato alterato, ma lascia ancora nell’ombra migliaia di pazienti cronici. Serve chiarezza. Basta una dimenticanza, una ricetta non disponibile e si rischia grosso. Quanti rinunceranno a lavorare per evitare un controllo? Servono regole certe per distinguere la cura dall’abuso. In gioco non c’è solo il rispetto della norma, ma la libertà di muoversi senza terrore. Adesso, quanto tempo servirà per non trattare più un paziente come un criminale?