Boom dei chip AI, boom di emissioni: l’altra faccia dell’innovazione

La produzione di chip per l’AI ha fatto esplodere le emissioni di CO₂: +457% in un anno, con seri rischi per la transizione energetica.

La produzione di chip per l’AI ha fatto esplodere le emissioni di CO₂: +457% in un anno, con seri rischi per la transizione energetica.

Siamo tutti affascinati dall’intelligenza artificiale. Fa magie nei software, risponde alle nostre domande, ci suggerisce la canzone perfetta mentre lavoriamo. Ma dietro le quinte, mentre la AI prende sempre più spazio nella nostra vita, c’è un dettaglio di cui si parla ancora troppo poco: quanto costa in termini ambientali produrre l’hardware che la fa funzionare.

 

Dietro la potenza dei chip AI, un’impronta ambientale in crescita

Parliamo dei chip. Quei minuscoli, potentissimi semiconduttori che stanno dentro i cervelloni artificiali come ChatGPT o Midjourney. Quelli progettati su misura per gestire carichi di lavoro mostruosi e calcoli sempre più complicati. Ecco, la loro produzione sta generando un’impennata nelle emissioni di CO2 che non possiamo più ignorare.

Nel giro di un solo anno — dal 2023 al 2024 — le emissioni legate alla produzione di chip per l’AI sono passate da 99.200 a ben 453.600 tonnellate di CO₂ equivalente. Praticamente un +457% in dodici mesi. A trainare questo boom sono le grandi aziende dell’Asia orientale, come TSMC (Taiwan), Samsung e SK hynix (Corea del Sud), che forniscono chip come gli Nvidia A100 e H100, o gli AMD MI300X, indispensabili per far girare l’intelligenza artificiale.

Il problema è che produrre questi chip è un processo energivoro. Serve un’enorme quantità di elettricità e, purtroppo, in molti casi l’energia usata proviene ancora da fonti fossili. Il risultato? Emissioni alle stelle. Solo in Corea del Sud, ad esempio, si è passati da 58.000 a oltre 135.000 tonnellate di CO₂ in un anno. A Taiwan la crescita è stata ancora più marcata.

Per far fronte alla crescente domanda, paesi come la Corea stanno costruendo nuove centrali a gas. Taiwan, nel frattempo, pensa di puntare di nuovo sul nucleare. Scelte comprensibili dal punto di vista industriale, ma che secondo Greenpeace rischiano di rallentare — se non proprio sabotare — il cammino verso una vera transizione energetica.

E il futuro? Se non si cambia rotta, entro il 2030 il solo consumo di elettricità per fabbricare chip AI potrebbe superare quello dell’intera Irlanda. E le emissioni potrebbero sfondare la soglia dei 16 milioni di tonnellate l’anno. Insomma, più che “intelligente”, questa intelligenza rischia di diventare insostenibile.

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