giovedì, Aprile 10, 2025

Secondo una ricerca il 76% delle app usa tecniche ingannevoli

di Margherita Zichella
Abbonamenti semplificati il più possibile e disdette rese deliberatamente quasi impossibili, solo alcune delle pratiche ingannevoli usate.

Uno studio recentemente pubblicato dall’International Consumer Protection and Enforcement Network (ICPEN) e dal Global Privacy Enforcement Network (GPEN) ha sollevato un velo su una pratica preoccupante che caratterizza molti dei siti web e delle app che offrono servizi in abbonamento. Secondo la ricerca, la maggior parte di questi servizi utilizza tecniche di manipolazione, conosciute come dark pattern, per influenzare i comportamenti degli utenti e complicare la loro esperienza.

 

Le pratiche ingannevoli più usate

La ricerca ha coinvolto un’analisi approfondita di 642 siti web e applicazioni mobili che offrono abbonamenti. Ebbene, nel 76% dei casi esaminati, sono state identificate pratiche ingannevoli progettate per spingere i consumatori a prendere decisioni che non sono necessariamente nel loro miglior interesse. Questi dark pattern includono metodi ingannevoli per la gestione degli abbonamenti e la protezione dei dati personali.

Uno degli schemi più comuni è lo “stealing“, una pratica in cui le aziende rendono difficili da trovare le informazioni negative sui loro servizi. Questo significa che i dettagli sui costi, le condizioni di cancellazione o altri aspetti critici sono nascosti o resi poco visibili, rendendo arduo per l’utente prendere una decisione informata. Inoltre, l’81% delle piattaforme che offrono rinnovi automatici degli abbonamenti permette di disattivare tale opzione, ma la facilità con cui questo può essere fatto è spesso deliberatamente ostacolata.

I dark pattern possono includere anche manipolazioni dell’interfaccia utente, dove le azioni desiderabili, come l’acquisto o la sottoscrizione, sono rese molto più facili rispetto alle azioni di disdetta, che richiedono invece diversi passaggi e sono più complicate da eseguire. Questa strategia ingannevole non solo confonde gli utenti, ma può anche portarli a rimanere abbonati a servizi che non intendono utilizzare più a lungo.

 

La necessità di una legislazione adeguata

I ricercatori avvertono che anche gli utenti più esperti possono cadere vittima di queste pratiche subdole, evidenziando la necessità di una maggiore trasparenza e protezione dei diritti dei consumatori online. Lo studio solleva importanti interrogativi su come le aziende gestiscono le interazioni con i loro clienti e suggerisce che sia necessario un intervento regolatorio per prevenire abusi e garantire una maggiore equità nelle pratiche di abbonamento e gestione dei dati.

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