Truffa del dipendente di Banca, la frode che intasca oltre 230mila euro con spese di trasferta finte

Un ex dipendente della Banca d’Italia è stato scoperto in un inganno finanziario che gli ha permesso di accumulare oltre 234.394 euro in cinque anni, oltre al suo stipendio regolare. Durante un distacco all’estero, l’individuo ha gonfiato le sue spese di trasferta, facendosi pagare un affitto non necessario, straordinari non effettuati e emolumenti non dovuti.

Truffa del dipendente di Banca: il processo e la condanna

La truffa è stata scoperta e l’ex dipendente è stato condannato a restituire i fondi alla Banca d’Italia e al Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE), per il quale lavorava come esperto nazionale a Bruxelles. Dopo una condanna penale di due anni per truffa e falsificazione di documenti pubblici, è stata emessa anche una sanzione contabile. L’ex dipendente ha già restituito 81.537 euro alla Banca d’Italia, ma deve ancora risarcire il CESE con altri 152.856 euro.

I giudici hanno evidenziato che l’ex dipendente ha agito con “una condotta palesemente dolosa”, ottenendo indebitamente una maggiorazione dell’assegno di sede, non dimostrando di aver effettivamente sostenuto le spese dichiarate per l’affitto e il trasloco, e non restituendo gli emolumenti non dovuti durante un periodo di assenza ingiustificata dal servizio. Inoltre, non ha restituito le somme significative indebitamente percepite dal CESE.

Le indagini hanno rivelato che a Bruxelles invece, l’individuo trasformò il suo ufficio in un alloggio, mantenendo la porta ermeticamente chiusa per impedire l’accesso. Mentre risiedeva nella struttura, fuori dall’orario di lavoro, si faceva anche pagare gli straordinari. L’analisi degli orari di entrata e uscita dalla sede del CESE ha rivelato un numero eccessivo di ore di lavoro straordinario, che non corrispondevano nemmeno agli orari di apertura dell’ufficio. Per questi motivi, i giudici hanno ritenuto “dolosa” la condotta dell’imputato e hanno disposto la condanna.

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