Negli ultimi anni si è parlato tanto di transizione energetica, di pannelli solari ovunque e batterie giganti che ci libereranno dai combustibili fossili. Ma c’è un dettaglio che rischia di rallentare tutto: i dazi. Sì, proprio quei balzelli doganali che fanno salire i prezzi quando importi qualcosa dall’estero. E negli Stati Uniti, la situazione si sta facendo complicata.
Il costo delle batterie rischia di rallentare la transizione energetica
Secondo un nuovo rapporto di Wood Mackenzie, una delle società di consulenza più autorevoli in campo energetico, le tariffe imposte (e aumentate) durante l’era Trump – e ora mantenute o addirittura rafforzate – rischiano di far impennare i costi dei progetti legati alle energie rinnovabili. Il settore più a rischio? Quello dello stoccaggio energetico, cioè tutte quelle batterie enormi che servono a immagazzinare l’energia prodotta da sole e vento quando ce n’è troppa, per usarla quando serve.
Il punto è semplice: oggi, gran parte delle batterie agli ioni di litio che usano le utility americane arriva dalla Cina. Ma con i nuovi dazi, quei componenti diventano molto più costosi. E non parliamo di piccoli aumenti: in uno scenario “soft” i costi potrebbero salire del 12%, ma se la guerra commerciale dovesse inasprirsi, si potrebbe arrivare a un +50% o più. E nel settore energetico, dove i progetti si pianificano su orizzonti di 5-10 anni, un’incertezza del genere è un vero incubo.
E non va meglio al comparto solare. Già oggi negli Stati Uniti i grandi impianti fotovoltaici costano molto di più che in Europa o in Cina, e la burocrazia per collegarli alla rete elettrica è un labirinto. Aggiungiamo nuovi dazi? Secondo le stime, costruire un parco solare potrebbe costare fino all’85% in più rispetto alla Cina.
Insomma, mentre il mondo corre verso le rinnovabili, gli Stati Uniti rischiano di frenare. E non perché manchino la tecnologia o le risorse, ma per via di scelte commerciali che, almeno per ora, sembrano remare contro.