Quando si parla di inquinamento e cambiamento climatico, il primo pensiero di solito va alle auto, alle fabbriche, magari al riscaldamento domestico. Ma c’è un settore che spesso passa sotto traccia e che invece pesa tantissimo sull’ambiente: l’aviazione. Sì, proprio quella. Voli, jet, aeroporti… tutto bellissimo, per carità, ma anche molto, molto inquinante.
Il carburante green copre solo lo 0,7% del consumo
Negli ultimi mesi un gruppo di esperti ha lanciato un vero e proprio allarme: nonostante tutti i discorsi sulla sostenibilità, le compagnie aeree stanno facendo ancora troppo poco per tagliare le emissioni di CO2. Poi però, qualche giorno fa, è arrivata una novità: secondo la IATA – l’associazione internazionale del trasporto aereo – nel 2025 la produzione di carburante sostenibile, il cosiddetto SAF, dovrebbe raddoppiare. Bello, no? Ma aspetta. Parliamo sempre di una percentuale minuscola rispetto al consumo totale: lo 0,7%. Insomma, il bicchiere è mezzo pieno, ma anche parecchio vuoto.
Il direttore della IATA, Willie Walsh, ha detto chiaramente che così non basta. La produzione di carburante sostenibile deve crescere molto più velocemente, e i costi devono scendere. Perché se le compagnie continuano a pagare un’enormità per volare “verde”, è ovvio che faranno fatica a cambiare rotta davvero.
C’è però un aspetto curioso e interessante in tutta questa storia: il carburante del futuro potrebbe arrivare… dagli scarti di cibo. Proprio così. Residui organici, oli usati, avanzi vari: tutto può essere trasformato in SAF. Un po’ come se quello che lasciamo nel piatto potesse aiutare un aereo a decollare. Alcune aziende lo stanno già facendo, e il potenziale è enorme. Meno sprechi, meno dipendenza dal petrolio e una spinta concreta verso gli obiettivi climatici.
Certo, siamo solo all’inizio. Ma sapere che il volo del futuro potrebbe partire da un’idea così semplice – e anche un po’ poetica – dà speranza. Magari tra qualche anno, mentre saremo in attesa del nostro volo, penseremo: “Chissà se oggi sto volando grazie a una frittura riciclata…”